TORINO – “Gli imputati agirono con imprudenza”. Sono state depositate ieri mattina a Torino le motivazioni della sentenza d’appello nel processo Thyssenkrupp.
Nelle 346 pagine riguardanti la sentenza che lo scorso 28 febbraio ha condannato l’ad della Thyssenkrupp Harald Espenhahn e cinque dirigenti a pene tra i dieci e i nove anni si legge che: “per un imputato come Espenhahn, imprenditore esperto, abituato a ponderare le proprie decisioni nel tempo, anche confrontandosi con altri collaboratori specializzati, è impensabile che egli abbia agito in maniera tanto irrazionale. […] Ovviamente questo non significa affatto che Espenhahn (e anche gli altri imputati) non previdero gli eventi come possibili ma solo che essi fecero prevalere le loro personali valutazioni che essi non si sarebbero verificati, nonostante tutti gli avvisi, gli allarmi che avevano ricevuto e che avevano loro indicato chiaramente il contrario”. Da qui la valutazione in base alla quale i manager “agirono nella convinzione che gli eventi sarebbero stati evitati”.
I sei imputati quindi “devono essere ritenuti responsabili dei reati di omicidio colposo plurimo e incendio colposo aggravati dalla previsione degli eventi”.
“Non ci fu nessun comportamento imprevedibile da parte degli opeai”. “Gli operai non fecero che dare attuazione al Piano di emergenza che era stato loro imposto ignari che il vero pericolo per loro non era costituito dalle fiamme cui si avvicinavano, ma dall’innescarsi improvviso di una nuvola incandescente che li avrebbe avviluppati senza scampo”.
“C’è qui da condividere il giudizio di eroismo che è stato espresso dalla prima Corte nei loro confronti, sottolineando come era diventato assolutamente normale che persone, ignare dei veri rischi e senza alcuna formazione anticendio, si sobbarcassero il compito di affrontare le fiamme con mezzi inidonei e con il divieto di chiamare i vigili del fuoco”. Era “diventato normale per la dirigenza aspettarsi da loro che superassero le remore di auto protezione minimali per chiunque e che si esponessero così a rischi che solo la dirigenza conosceva e contribuiva a mantenere”.