DUBLINO – Condotta da Eurofound, Fondazione europea per lo sviluppo della qualità di vita e del lavoro, una ricerca sulla generazione NEET, (Not in employment, education or training) e cioè quei ragazzi dai 15 ai 24 anni che non studiano, non lavorano o non seguono corsi di formazione professionale.
Si tratta di una fetta di popolazione inattiva in aumento che desta forti preoccupazioni negli organi di governo.
Nel totale dei ventisette stati membri in media in Europa sono circa il 12,8%, sette milioni e mezzo, i giovani che versano in questa condizione anche se la percentuale di ragazzi NEET nei diversi stati cambia in modo rilevante. Il fenomeno tocca la punta massima in Bulgaria (21,8%) seguita a breve distanza dall’Italia che si attesta appena sotto il 20%. Agli estremi opposti dell’elenco la condizione dei giovani appare invece decisamente migliore nei Paesi Bassi dove il fenomeno NEET coinvolge appena il 4,4% della popolazione tra i 15 e i 29 anni.
Per definire meglio il problema e poterlo quindi affrontare efficacemente Eurofond con questa ricerca ha voluto esaminare le caratteristiche della generazione NEET, il loro costo sociale ed economico, le cause del problema e quali misure sono state adottate nei vari stati per contrastarne la diffusione.
Innanzitutto bisogna dire che la generazione NEET è un fenomeno complesso che deriva da una serie di concause e che si compone di una serie di sottogruppi molto diversi. Le condizioni che possono causare l’espulsione dei giovani dal mercato o dalla formazione sono varie: avere una disabilità aumenta del 40% la possibilità di un giovane di non lavorare, non studiare e non formarsi professionalmente e per i giovani immigrati la probabilità aumenta del 70%. Altri fattori di rischio sono il basso livello di istruzione, avere genitori separati, vivere in zone depresse, avere genitori disoccupati e altri.
Dal lato prettamente economico il fenomeno si ripercuote pesantemente sull’economia dell’Unione Europea in cui l’inattività di questa parte della popolazione si quantifica in una perdita di circa 90 miliardi di euro l’anno. Anche in questa classifica l’Italia compare ai primi posti con una perdita annua di circa 16 miliardi di euro.
I governi sono allarmati dalle conseguenze sociali del fenomeno e dalla disaffezione di questa parte di popolazione alla politica. I giovani NEET mostrano infatti di avere una grossa sfiducia nelle istituzioni, di non avere interesse ad impegnarsi nella vita sociale e associativa, di non avere fiducia nelle consultazioni politiche e nella legittimità dei sistemi democratici.
Anche l’ILO ha sottolineato la gravità del problema in un recente report presentato al G20 di Parigi: in un questo momento di forte crisi in cui i giovani sono i primi a perdere il lavoro o a non riuscire ad accedervi l’intervento dei governi per arginare il problema è urgente.
Le azioni intraprese dagli stati per contrastare l’inattività e favorire il reinserimento dei giovani nel mondo della formazione o del lavoro sono di tre macrotipologie: azioni contro la dispersione scolastica, iniziative per sostenere il passaggio dalla formazione al lavoro (quali ad esempio incentivi ai contratti di apprendistato) e il supporto finanziario alle imprese che assumono giovani.
Anche se tutti gli Stati si sono attivati in questo senso i dati relativi all’efficacia delle azioni intentate non sono ancora disponibili ma l’attenzione deve restare alta nei confronti di un fenomeno che rappresenta una tra le sfide più rilevanti del prossimo futuro.
Per approfondire: Young people and NEETs in Europe: First findings (PDF – EN).