GINEVRA – L’ILO ha pubblicato lo studio “Work inequalities in the Crisis: evidence from europe” (“Le disuguaglianze nel lavoro durante la crisi: testimonianze dall’Europa”), curato da Daniel Vaughan-Whitehead responsabile e consigliere speciale della CE/ILO per le Condizioni dei salari e del progetto sulle condizioni di lavoro e di occupazione nei nuovi paesi membri dell’UE, con i contributi di Maria-Helena André, ministro del lavoro Portogallo, di Nicolas Schmit, ministro del Lavoro Lussemburgo e di Guy Ryder, direttore esecutivo dell’ILO.
Il quadro tratteggiato dagli esperti illustra quanto la crisi abbia notevolmente aumentato il livello di diseguaglianza tra i lavoratori, indebolendo ulteriormente il mondo del lavoro e le possibilità di ripresa.
Lo studio analizza la situazione nei diversi stati europei ed evidenzia le conseguenze delle diverse politiche di austerità applicate, mettendo in luce anche gli effetti microeconomici della crisi e i conseguentie effetti per le imprese, le diverse categorie di lavoratori e aree di lavoro.
Categoria che ha pagato pesantemente il costo della crisi è quella dei lavoratori temporanei. Lo stato più colpito da questo fenomeno è la Spagna dove il 90% delle perdite di posto di lavoro ha riguardato questa tipologia di lavoro. Altra categoria duramente colpita è quella dei giovani tra cui il tasso di disoccupazione è quasi il doppio dei lavoratori più anziani. La situazione è più grave nei paesi baltici e in Irlanda, Grecia e Spagna.
I lavoratori poco qualificati sono pure stati tra i primi a perdere il posto di lavoro in conseguenza al taglio di personale operato soprattutto dalle industrie manifatturiere
Infine sono peggiorate sensibilmente le condizioni di parità tra generi. Le donne sono state più spesso vittime di discriminazione, sono state licenziate prima dei loro colleghi uomini e hanno dovuto accettare pesanti riduzioni di salario.
In sintesi le categorie di lavoratori più deboli sono le prime a subire gli effetti della crisi e quelle che ne pagano più fortemente le conseguenze. Si è andata quindi allargando la forbice tra le categorie di lavoratori, anche sul pian della scala salariale.
Lo studio però, oltre a enumerare i fattori critici, si sofferma anche nell’illustrare esempi di buone pratiche e soluzioni applicate in alcuni stati membri dell’Unione europea.
Esemplificativo il caso della Germania dove si parla addirittura di “miracolo tedesco”. Qui il basso tasso di disoccupazione è stato mantenuto grazie ad una politica di riduzione dell’orario di lavoro e aumento dei contratti. La Svezia invece si è distinta per le politiche a favore dell’occupazione giovanile, mentre l’Italia è citata per il ricorso alla cassa integrazione come valido ammortizzatore sociale capace di contenere gli effetti immediati della disoccupazione.
Si citano poi le politiche di intervento pubblico per finanziare specifici comparti produttivi come il settore edile e quello dell’automobile. Valido aiuto nell’affrontare le conseguenze della crisi è stato anche quello di promuovere azioni di negoziazione e dialogo sociale, che hanno portato a trovare soluzioni alternative al licenziamento.
In conclusione gli esperti curatori della studio diffuso da ILO lanciano un monito e avvertono che le politiche di austerità che hanno lo scopo di promuovere la competitività, tra le quali per esempio il blocco dei salari minimi, potrebbero avere come conseguenza l’aumento delle diseguaglianze e quindi una maggiore vulnerabilità di una grossa fetta di popolazione.
Dall’analisi attenta di tutti questi fattori emerge quindi la necessità che le lotte alle diseguaglianze debbano essere poste ai primi posti delle politiche del lavoro dai responsabili politici e dagli attori economici di tutti gli stati membri. Senza un intervento serio per sanare i divari tra diversi lavoratori non sarà quindi possibile combattere pienamente la crisi, evitare l’esclusione sociale di una larga parte della popolazione e avviare quindi qualsiasi possibilità di ripresa.
Per approfondire:Work Inequalities in the Crisis: Evidence from Europe.