URBINO – È firmato da Gabriele Marra, professore associato di Diritto penale nell’Università di Urbino “Carlo Bo”, il numero otto “I Working Paper di Olympus” a titolo “La prevenzione degli infortuni sul lavoro e il caso Thyssenkrupp. I limiti penalistici delle decisioni rischiose nella prospettiva delle regole per un lavoro sicuro”.
Nel saggio, il professore, alla luce della storica sentenza per la tragedia della Thyssenkrupp, avvia una serie di riflessioni in merito a novità e criticità introdotte con quella che potrebbe essere una “nuova rotta della giurisprudenza nel percorso che conduce all’effettiva sicurezza dei luoghi di lavoro”. Afferma l’autore: “la condanna per omicidio volontario – sub species dolo eventuale – dell’amministratore delegato della Thyssenkrupp è una novità assoluta nel quadro della prassi relativa all’accertamento delle responsabilità conseguenti alla verificazione di eventi infortunistici nei luoghi di lavoro.”
La riflessione si volge dalla sentenza alle possibili critiche che si possono muovere alla decisione della Corte. Critiche che l’autore enuclea in due punti qualificanti:
- “l’incertezza con cui si confronta chiunque sia gravato di obblighi di prevenzione del rischio;
- la dimensione organizzativa che connota l’intero impianto regolamentare vigente in materia”.
Le riflessioni del professore derivano dal fatto che la non adeguata valorizzazione di questi profili da parte del giudice penale, introduce una “marcata discontinuità rispetto alle cadenze disciplinari fissate dal legislatore extrapenale”. Obiettivo del saggio è quindi sondare possibilità e limiti di un maggior livello di integrazione “tra criteri di imputazione penalistica e disciplina extrapenale di riferimento” con la finalità di superare questo scarto.
Lo studioso muove da questo assunto: “Il punto di più netta emersione delle novità che distanziano la sentenza rispetto ai precedenti, coincide con l’affermata esistenza di una responsabilità dolosa del vertice aziendale: decidendo di non intervenire per adeguare le installazioni di sicurezza, l’amministratore delegato, prevedendo la verificazione dell’evento, ha accettato il rischio che si verificasse la morte degli addetti ad una delle linee produttive del suo stabilimento. Questo aspetto non esaurisce però l’importanza
della decisione. Non meno significative si rivelano infatti le conclusioni dalla Corte raggiunte in relazione ad altre accuse cristallizzate nel capo di imputazione, riguardanti, tra l’altro, la colpa, per lo stesso fatto, del management aziendale e la ravvisata responsabilità dell’ente (d.lgs. n. 231/2001)”.
Dopo aver esaminato prospettive, criticità e questioni aperte sollevate dalla sentenza, nelle conclusioni, provando idealmente a rispondere alle richieste di strumenti di maggiore tutela che da più parti si innalzano a seguito di una tragedia, lo studioso afferma: “Allineare i criteri di imputazione della responsabilità penale alle più avanzate indicazioni fornite dalla disciplina extrapenale, pur preservandone le specificità garantistiche, sembra un primo passo nella giusta direzione, che per essere irrobustito necessita di un più serrato confronto tra i cultori dei diversi settori disciplinari” – e continua – “In questa prospettiva, la sentenza della Corte d’Assise, si candida a divenire un vero e proprio leading case. La sua lettura fornisce infatti, ai futuri interpreti, un serio canovaccio metodologico per aggiornare i modi di esercizio dell’azione penale e i percorsi ermeneutici in sede giudiziale e, prima ancora, lo spunto per stimolare gli indispensabili ripensamenti di alcuni fondamentali aspetti delle sottostanti categorie da parte della dottrina penalistica”.
Per approfondire: I Working Papers di Olympus n. 8/2012.
I Working Papers n. 1,2,3,4,5,6,7: Datore di lavoro e obbligo di sicurezza (PDF).