TORINO – Sentenza Eternit. Depositate ieri presso il tribunale di Torino 700 pagine contenenti le motivazioni della condanna in primo grado a 16 anni per i due manager della multinazionale Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier. Condanna comminata lo scorso 13 febbraio al termine dello storico processo capostipite dei procedimenti e delle inchieste in corso sulle morti causate da amianto.
La corte presieduta dal giudice Giuseppe Casalbore ha ritenuto gli imputati “perfettamente a conoscenza di tutto ciò che veniva effettuato negli stabilimenti italiani, sia in ordine alle attività direttamente connesse al ciclo produttivo, sia in ordine a tutte le altre attività per così dire collaterali, ma che comunque comportavano la necessità di disporre di beni e di cose appartenenti all’azienda, e hanno consentito che esse continuassero, nonostante avessero pure ben presente l’enorme pericolosità derivante per la popolazioni vicine agli stabilimenti industriali” (Adnkronos).
Dolo intenso quindi, perpetuato negli anni di attività industriale negli stabilimenti di Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera, Bagnoli. “Emerge tutta l’intensità del dolo degli imputati perché, nonostante tutto, hanno continuato e non si sono fermati né hanno ritenuto di dover modificare radicalmente e strutturalmente la situazione al fine di migliorare l’ambiente di lavoro e di limitare per quanto possibile l’inquinamento ambientale” (sito INAIL).
I due dirigenti sono stati accusati di disastro ambientale doloso, omissione dolosa di cautele antinfortunistiche, con l’aggravio della mancanza di ogni tipo di attenuante. “Gli imputati hanno pure cercato di nascondere e di minimizzare gli effetti nocivi per l’ambiente e per le persone derivanti dalla lavorazione dell’amianto, pur di proseguire nella condotta criminosa intrapresa”. Si è sommata a tali comportamenti, la pratica della cessione all’esterno degli stabilimenti di Casale Monferrato di polverino, materiale di scarto industriale, finissima miscela amianto-cemento, utilizzato a costo zero dalla popolazione come riempitivo e isolante. Un materiale ovviamente inquinante e nocivo diffuso tra le abitudini civili della popolazione e la cui distribuzione ha evidenziato ancora sia la “conoscenza circa la pericolosità” da parte e dei due dirigenti “sia la mancata adozione di seri e concreti provvedimenti per evitarne la diffusione all’esterno della fabbrica”.
Il testo integrale della sentenza.
La massa critica sul rischio amianto continua intanto ad aumentare. Si sommano inchieste, processi in tutta Italia, azioni amministrative e politiche.
Pochi giorni fa il ministro della Salute Renato Balduzzi ha annunciato la convocazione per il prossimo novembre della seconda Conferenza nazionale sull’amianto a Venezia. Un consesso nazionale delle parti interessate nel quale verranno riassunte le attività fino a quel momento portate avanti o concluse e verrà tracciato un piano organico futuro.
A Taranto intanto è cominciata l’11 maggio l’udienza preliminare nel processo ex Italsider, ora Ilva. Imputati 30 dirigenti per la morte di 15 operai colpiti da patologie da amianto e gas nocivi. Casi considerati fino al 2010. Omicidio colposo, violazione delle norme sulla sicurezza, la prevenzione e la tutela sul lavoro le accuse. 28 le parti civili. Gup Giuseppe Tomassino.
Tra i nuovi procedimenti che vedono l’amianto e le morti asbesto correlate negli ultimi giorni è emerso quello di Cisterna di Latina, nel pontino. Qui il giudice del tribunale di Latina ha rinviato a giudizio tre dirigenti Goodyear impiegati tra il 1990 e il 2001 per la morte di 19 operai. Omicidio colposo e lesioni colpose le accuse. Giudice Nicola Iansiti.