ROMA – Presentato dall’Istat il “Rapporto annuale 2012 – La situazione del paese”. Lo studio, che giunge alla sue ventesima edizione, quest’anno si arricchisce dei dati del censimento demografico della popolazione e, attraverso rilevazioni statistiche che riguardano nove diversi ambiti della vita del paese, fotografa la realtà italiana.
La grande mole di dati è organizzata dal rapporto su quattro macrotemi: la crisi economica e il suo rapporto con l’economia internazionale, le conseguenze sulla struttura demografica e sociale del paese e sugli stili di vita, le potenzialità di crescita, e il livello diseguaglianza ed equità nei servizi ai cittadini.
È un’Italia in crisi quella fotografa dal rapporto: aumentano i prezzi, i salari sono fermi, diminuiscono sia i consumi che il risparmio delle famiglie. Il tasso di occupazione è sostanzialmente stabile ma i giovani restano senza lavoro. A fronte di qualche dato positivo, come la discesa del debito e la crescita delle esportazioni, rimangono aperti molti problemi: tra tutti la questione femminile e la questione meridionale.
Venendo ad analizzare i dati che riguardano la situazione economica partiamo dal PIL che in volume ha segnato una crescita dello 0,4 % nel 2011 (+1,8 nell’anno precedente). L’attività economica non ha ancora recuperato il livello precedente alla crisi del 2008-2009.
Il potere d’acquisto delle famiglie è calato dello 0,6%. Per compensare la diminuita capacità d’acquisto, le famiglie consumatrici hanno ridotto di 0,9 punti percentuali la propensione al risparmio portandola all’8,8 %, il valore più basso dal 1990.
Il sistema delle imprese italiane, che non aveva ancora recuperato le perdite subite con la crisi del 2008-2009, ha sperimentato nel 2011 una nuova fase di difficoltà derivante dal sovrapporsi di una contrazione della domanda interna e di un indebolimento di quella estera.
La variazione complessiva della produzione industriale è stata pressoché nulla: sono risultati in caduta i beni di consumo (-3,1 %) e l’energia (-2,2 %), mentre beni strumentali e intermedi, pur mantenendo variazioni positive, hanno presentato un forte rallentamento (rispettivamente +3,8 e +0,7 %, contro crescite dell’11,1 e del 9,0 % del 2010). L’industria delle costruzioni ha continuato a contrarsi, confermando la tendenza già in atto da qualche anno. L’attività del settore dei servizi, che era tornata a crescere dell’1,4 % nel 2010, ha registrato lo scorso anno un rallentamento (+0,8 %).
L’andamento negativo dei consumi ha riguardanto in particolare il settore del commercio al dettaglio, il cui giro di affari ha subito, nel 2011, una significativa contrazione in valore, nonostante l’ampio incremento dei prezzi: le vendite sono diminuite dell’1,3 %. Nella media del 2011, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività è aumentato del 2,8 %, quasi il doppio dell’anno precedente.
Per quanto riguarda i dati demografici, sono 59 milioni 464 mila i residenti in Italia al 9 ottobre 2011, secondo i primi risultati del 15° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni, 2 milioni 687 mila in più rispetto al censimento del 1991. L’aumento demografico è dovuto quasi interamente agli stranieri residenti che, quasi triplicati nell’ultimo decennio, risultano oggi 3 milioni 770 mila (6,3 ogni cento residenti).
Si vive sempre più a lungo, gli uomini in media 79,4 anni e le donne 84,5. In Europa soltanto gli uomini svedesi hanno una speranza di vita (79,6 anni) superiore a quella degli italiani, mentre solo in Francia e in Spagna le donne sono più longeve delle italiane (85,3 anni in entrambi i paesi).
Continuano a nascere pochi bambini, nonostante la lieve ripresa osservata dalla metà degli anni ‘90. Nel 2011 il numero medio di figli per donna (1,42) deriva da valori pari a 2,07 per le residenti straniere e a 1,33 per le italiane. La geografia della fecondità si è rovesciata nel corso dell’ultimo decennio: oggi, le regioni più prolifiche sono quelle del Nord (1,48 figli per donna) e del Centro (1,38 figli per donna) dove è maggiore la presenza straniera, mentre nel Mezzogiorno si stimano solo 1,35 figli per donna nel 2011. La longevità e le poche nascite rendono l’Italia uno dei paesi più “vecchi”: attualmente si contano 144 persone di 65 anni ogni 100 con meno di 15, proporzione che era di 97 a 100 nel 1992. In Europa solo la Germania registra un valore più alto (154).
Per quanto riguarda le condizioni socio economiche il rapporto evidenzia la progressiva riduzione della capacità di risparmio degli italiani causata dal fatto che negli ultimi due decenni la spesa per consumi delle famiglie è cresciuta a ritmi più sostenuti del loro reddito disponibile. Questo dal 2008 è complessivamente aumentato del 2,1 %, ma nello stesso periodo il potere d’acquisto è sceso di circa il 5 %.
È peggiorata la condizione delle famiglie più numerose: nel 2010 risulta in condizione di povertà relativa il 29,9 % di quelle con cinque e più componenti (più sette punti percentuali rispetto al 1997). Nelle famiglie con almeno un minore l’incidenza della povertà è del 15,9 %. Complessivamente sono 1 milione 876 mila i minori che vivono in famiglie relativamente povere (il 18,2 % del totale); quasi il 70 % risiede nel Mezzogiorno.
Criticità si registrano anche per le potenzialità di crescita del nostro paese dove persistono carenze rilevanti nella dotazione e nell’efficienza dei fattori materiali ed immateriali a sostegno della competitività delle imprese domestiche e per attrarre investimenti dall’estero. Nel 2010 la quota di spesa in ricerca e sviluppo sul PIL è stata pari all’1,26% contro il 2% della media Ue. Anche quantità di brevetti è molto contenuta: nel 2009 in Italia sono stati registrati 82 brevetti per mille abitanti a fronte dei 116 della media Ue. In termini di efficienza dei servizi logistici, nel 2010 l’Italia si posiziona al ventiduesimo posto nella classifica della Banca Mondiale.
Infine, in merito a diseguaglianze e equità va segnalato che riguarda le donne il più forte fattore di disuguaglianza in Italia: minori opportunità di occupazione e guadagni più bassi delle donne. La probabilità di trovare lavoro per le madri rispetto ai padri è nove volte inferiore nel Nord, 10 nel Centro e ben 14 nel Mezzogiorno. Inoltre l’instabilità del lavoro genera forti disparità soprattutto per i giovani, che rischiano più degli altri di lavorare a lungo come atipici.
Marcate diseguaglianze a livello geografico si registrano nella erogazione dei servizi, uno fra tutti l’assistenza medica, che si differenzia a livello regionale sia per investimenti che per qualità e soddisfazione dei cittadini.A livello regionale, si osserva uno scarto di circa 500 euro pro capite tra la Provincia autonoma di Bolzano, che spende mediamente 2.191 euro per ogni residente, e la Sicilia, che ne spende 1.690. Nel 2011 la soddisfazione per i diversi aspetti del ricovero ( assistenza medica, infermieristica e servizi igienici ) presenta una forte variabilità regionale: è più elevata della media in tutte le regioni del Nord ( tranne che in Liguria ), e in Umbria, mentre nel Mezzogiorno l’insoddisfazione è molto diffusa e in alcune regioni riguarda l’80-90 % delle persone che hanno subito un ricovero.
Per approfondire: Rapporto annuale 2012 – La situazione del Paese.