TORINO – Presentato nei giorni scorsi presso il Tribunale di Torino il ricorso di Stephan Schmidheiny, industriale svizzero ex manager della Eternit, che chiede la totale ritrattazione della storica sentenza del 13 febbraio scorso che lo condanna a 16 anni di carcere insieme al barone belga Louis De Cartier per il disastro degli stabilimenti italiani dell’Eternit. Il fascicolo dell’appello, in cui si chiede siano valutati e messi in evidenza i risultati delle analisi e dei rilievi fatti in questi anni dai consulenti di parte, si sviluppa in 650 pagine.
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Procedono intanto i lavori di bonifica a Casale Monferrato. Il ministro alla Salute ha presenziato a una riunione in prefettura con l’obiettivo di coordinare le diverse istituzioni in campo (Comuni, Provincia e Regione) e per promuovere il lavoro di una rete europea che si occupa di patologie legate all’esposizione da amianto. Per i progetti di bonifica sono stai stanziati da parte del ministero ulteriori 25 milioni di euro ed è stato mobilitato il mondo della ricerca affinché si possano operare le scelte migliori e meno rischiose anche in fase di bonifica.
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Nuovi casi di decesso dovuti ad amianto vengono alla ribalta. Il pubblico ministero Raffaele Guariniello ha portato alla luce 335 casi di mesotelioma che ha causato la morte a uomini appartenenti all’esercito. Aperta un’inchiesta giudiziaria. Si tratta di 335 tra ufficiali, marescialli e soldati semplici che prestavano servizio nei settori meccanizzati. L’ipotesi, infatti, è che l’amianto fosse contenuto, in alcune parti dei mezzi corazzati e che le fibre killer si siano sprigionate durante la loro manutenzione.
Confermata la correlazione tra l’aver prestato il servizio militare nell’esercito e l’insorgenza della malattia, motivo per cui Guariniello con l’inchiesta, che ad oggi non vede alcun iscritto nel registro degli indagati, intende accelerare la messa al bando di qualsiasi elemento e componente contenga amianto nelle apparecchiature ancora in uso all’esercito.
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A Napoli sono stati rinviati a giudizio 16 tra ex dirigenti e medici in servizio all’Ati (oggi Atitech) nel periodo compreso tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Duemila. Sono accusati di violazione delle norme di prevenzione infortuni e di omicidio colposo a danno di due lavoratori, Aldo Converso e Pasquale Quattromani, impiegati presso un’officina di riparazione degli rei dove gli operai sono venuti a contatto con amianto senza le doverose precauzioni.
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A Bergamo il tribunale ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei familiari di Erminia Abbadini, operaia impiegata per molti anni nel settore tessile. Si tratta del primo caso riconosciuto in questo settore.