La sesta Sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza del 14 gennaio scorso, n. 134, si è pronunciata a proposito della liquidazione del danno biologico (*), indicando, se non vi sono criteri legali e a meno che non vi siano “circostanze che ne giustifichino l’abbandono”, che, allo scopo, si deve fare riferimento alle Tabelle di Milano (**).
Anche in materia di risarcibilità per lesione da infortunio sul lavoro, al danneggiato spetta di avere ragione dell’effettiva diminuzione di patrimonio (danno emergente) e del mancato guadagno (lucro cessante) derivatigli dall’infortunio subito per reponsabilità altrui. Il giudice potrà fargli ottenere il risarcimento per inabilità temporanea e/o permanente ma anche per il danno biologico/esistenziale.
La Cassazione già nel giugno 2011 (sent. 12408) si era espressa sull’argomento, precisando che “quando, nella liquidazione del danno biologico, manchino criteri stabiliti dalla legge, il criterio di liquidazione cui i giudici di merito devono attenersi, al fine di garantire l’uniformità di trattamento, è quello predisposto dal Tribunale di Milano, in quanto ampiamente diffuso sul territorio nazionale, salvo circostanze in concreto idonee a giustificarne l’abbandono”.
(*) È una lesione fisica o psichica della persona, permanente o reversibile, da cui derivi una “compromissione delle attività vitali del soggetto”. In quanto lesivo di un diritto “costituzionalmente protetto” (diritto alla salute e all’integrità fisica) il danno è risarcibile ai sensi dell’art. 2059 del Codice civile.
(**) Non è facile determinare la misura del risarcimento del danno biologico perché la normativa in atto fornisce dei criteri certi di liquidazione di questo tipo di danno solo nel caso di micro – permanenti (lesioni che non superano i 9 punti di invalidità) e quindi, negli altri casi, è necessario fare riferimento a tabelle elaborate da diversi tribunali, tra i quali, appunto, quello di Milano.