PERUGIA – L’Umbria delude per quanto riguarda la sicurezza dei propri lavoratori. Che il numero assoluto di infortuni nell’ultimo anno abbia fatto registrare un calo non è infatti un dato sufficiente per dire che la situazione sia migliorata: il dato, infatti, va confrontato con il numero complessivo degli occupanti per ricavare l’incidenza degli infortuni, ed è qui che la regione ‘cuore verde’ d’Italia si merita una bella maglia nera.
L’incidenza che si registra nella regione è infatti la più alta d’Italia e per di più è in crescita anche il numero dei morti sul lavoro, 17 solo nell’ultimo anno. L’andamento dei casi mortali segue dunque un trend opposto rispetto a quello degli infortuni, che fa registrare un calo del 10, 5 per cento rispetto al 2008.
A stabilirlo sono i dati contenuti nel rapporto Inail 2009, in cui unico elemento di consolazione è appunto il calo in termini assoluti degli infortuni, con un meno 28 per cento, e una lieve diminuzione rispetto al 2002 dell’incidenza, che rimane comunque troppo al di sopra della media nazionale.
L’indice di frequenza degli infortuni per l’Umbria è infatti circa del 42,5 per cento, mentre la media nazionale è ferma sul 28,5 per cento: una differenza del 14 per cento che non si può fare a meno di notare. Ed è solo un raffronto con la media perché se si confrontasse il dato con quello delle regioni più virtuose, dove l’incidenza non arriva nemmeno al 20 per cento, allora più che una distanza si noterebbe un abisso. Certo, ci si può consolare dicendo che nell’ultimo anno l’indice di incidenza degli infortuni è scesa, ma questo calo è appena superiore all’uno per cento (nel 2008 era del 43, 7 per cento) e di questo forse non conviene vantarsi.
Per l’Inail le ragioni di questo record umbro vanno ricercate nel fatto che il panorama imprenditoriale di questa regione è caratterizzato da una forte presenza di aziende di piccole dimensioni, a carattere artigianale, nonché di un numero di occupati relativamente più alto della media nazionale nei settori a maggior pericolosità quali le costruzioni edili e lavorazione di materiali ceramici e per l’edilizia.
Ad aggravare la posizione dell’Umbria c’è un altro dato molto evidente e negativo: la differenza con le altre regioni per quanto riguarda il numero di infortuni che comporta per i lavoratori un’invalidità permanente. In questo l’Umbria mostra un indice superiore al 3 per cento, contro una media nazionale dell’ 1,8 per cento: nessun altra regione d’Italia ha raggiunto quota tre per cento, la più vicina a questa cifra è la Calabria ferma però appena al di sotto del 2,9 per cento.
Insomma diminuisce, ma di poco, l’incidenza degli infortuni, ma quelli che avvengono producono conseguenze più gravi e un numero maggiore di casi mortali. Come se non bastasse, secondo il consigliere regionale Andrea Smacchi del (PD) “sussistono ancora tanti punti di criticità relativi al lavoro nero. Sul dato del calo sarebbe opportuno stimare il peso che possono avere avuto i tanti infortuni non denunciati, esiste infatti una ‘zona grigia’ di lavoro che, probabilmente, non entra nelle statistiche ma che andrebbe comunque analizzata”.