BRUXELLES – Il Comitato scientifico dell’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare), su richiesta avanzata nel 2012 della Commissione europea, ha elaborato un parere che chiarisce i criteri scientifici per identificare un interferente endocrino.
Nell’elaborazione del parere EFSA ha collaborato con altri organismi scientifici quali Agenzia europea per i medicinali, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche, l’Agenzia europea dell’ambiente e il Centro comune di ricerca dell’Unione europea.
Con interferenti endocrini si intendono, secondo la definizione data dall’OMS e sottoscritta dall’EFSA, sostanze o miscele esogene che alterano la funzione o le funzioni del sistema endocrino causando effetti avversi sulla salute di un organismo integro o della sua progenie o delle (sotto)popolazioni.
Gli esseri umani e gli animali possono essere esposti a un’ampia gamma di sostanze attive sul sistema endocrino attraverso la dieta o altre fonti. Le sostanze attive sul sistema endocrino possono essere naturali (fitoestrogeni presenti nella soia) o artificiali (come alcuni pesticidi o inquinanti).
Non tutte le sostanze attive sono però considerate interferenti endocrini se non esiste la prova che queste possano causare effetto avverso.
Gli esperti dell’EFSA hanno quindi esaminato a livello internazionale i test standardizzati per l’identificazione delle sostanze attive sul sistema endocrino. I test sono generalmente concepiti per accertare o l’attività endocrina oppure i diversi tipi di effetti avversi, ma non entrambi. Per questa ragione difficilmente un singolo test è in grado di fornire tutte le informazioni necessarie per stabilire se una sostanza sia o meno un interferente endocrino è quindi necessario, secondo l’EFSA, eseguire diversi test che vengono poi valutati insieme dagli esperti, secondo un approccio basato sul peso dell’evidenza.
Il rischio che l’interferente endocrino possa causare danni che determinano a loro volta effetti avversi sugli esseri umani e sugli animali dipende dal grado (dose), dalla durata e dalla tempistica di esposizione a tale pericolo per l’uomo o per gli animali.
L’EFSA raccomanda pertanto di affiancare ai test di identificazione un’analisi della probabilità di esposizione alla sostanza, allo scopo di utilizzare al meglio tutte le informazioni per regolamentarne l’impiego.
L’Autorità ha inoltre emesso un parere su questioni come le “finestre di suscettibilità” ovvero i periodi in cui l’organismo può essere più sensibile agli agenti chimici (concepimento, gravidanza, prima infanzia, infanzia e pubertà); gli “effetti a basse dosi”; l’esposizione combinata a più sostanze e le correlazioni dose-risposta non monotone. Secondo l’EFSA tutti questi aspetti devono essere considerati sull’intero spettro di varie sostanze.
Infine l’EFSA ritiene che gli effetti avversi che si verificano al livello minimo debbano continuare a essere utilizzati come guida per le valutazioni della sicurezza, sia che siano dovuti ad attività endocrina sia a un altro effetto tossico. Ciò proteggerà da altri possibili effetti correlati all’attività endocrina a dosi più elevate.
Per questo raccomanda per il futuro di chiarire in un contesto più ampio quale impatto potrebbero avere le questioni delle soglie e dei criteri di avversità, l’esposizione multipla a più sostanze e le correlazioni dose-risposta non monotone sugli attuali approcci di valutazione dei rischi e dei pericoli e sulle strategie metodologiche.
Per approfondire: EFSA interferenti endocrini.
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