A un interpello dell’Associazione Bancaria Italiana se in ambiente di lavoro nel quale vige ormai da anni il divieto di fumo*, si possano fumare le cosiddette sigarette elettroniche, la Commissione del Ministero del lavoro ha risposto (nella serie interpelli pubblicata il 5 novembre 2013 Ndr) affermativamente ma ha fatto un distinguo.
Nella risposta si è considerato che le sigarette elettroniche sono“dispositivi elettronici costituiti da cilindri metallici o in plastica, muniti di un sistema elettronico di vaporizzazione, attraverso cui possono essere assunte dosi variabili di nicotina e che anche con un uso moderato e con prodotti a bassa concentrazione di nicotina, può essere superata la dose quotidiana accettabile, prevista dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA)”**. Semmai, occorre valutare l’impatto sulla salute dell’inalazione dei contenuti delle cartucce sostituibili delle sigarette, la nicotina in primis, ma anche, seppure in dimensioni “nanometriche”, il cromo, il nichel, lo stagno, l’alluminio, il ferro. Ma, al momento tale impatto non fa riscontrare effetti univoci certi sulla salute delle persone negli ambienti chiusi,in ragione delle caratteristiche delle componenti presenti nelle”elettroniche”.
Quindi sì alle sigarette elettroniche sul lavoro, tenuto conto:
- che il parere 34955/C5C6 del 26/09/2012 dell’Istituto Superiore di Sanità le sigarette elettroniche fuori dal campo di applicazione della Direttiva 2001/37/CE in materia di tabacco;
- che non esiste una specifica previsione normativa in materia.
Peraltro, è la conclusione della Commissione interpelli, resta ferma la possibilità che il datore di lavoro vieti l’uso delle sigarette elettroniche in azienda, avvalendosi del proprio potere organizzativo e in relazione agli esiti di una eventuale valutazione dei rischi mirata che tenga conto dell’esposizione dei lavoratori “in ragione delle caratteristiche delle sostanze che possono essere inalate, a seguito del processo di vaporizzazione (nicotina e sostanze associate)”.
* L.3/2003.
** Istituita nel gennaio del 2002, ha sede nella città universitaria di Parma. Fornisce consulenza scientifica e una comunicazione efficace in materia di rischi, esistenti ed emergenti, associati alla catena alimentare.
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