URBINO – Pubblicato nei Working Papers di Olympus il saggio numero 26, La sicurezza sul lavoro nel sistema degli appalti ad opera di Olivia Bonardi, professore associato di Diritto del lavoro Università di Milano.
Il saggio traccia l’evoluzione della normativa relativa alla sicurezza nei lavori in appalto, dalle prime disposizioni in contenute nell’art. 5, d.P.R. n. 547/1955, in base al quale il committente aveva l’obbligo di “rendere edotti i lavoratori autonomi dei rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro” per poi illustrare i successivi approfondimenti con l’emanazione del D. Lgs. 81/08, le sue modifiche e i recenti interventi apportati con il decreto “Del Fare”, mostrando che l’evoluzione innanzitutto ha portato a una progressiva separazione delle responsabilità lavoristiche, fiscali e di sicurezza sul lavoro.
Dopo questa prima parte l’autrice si sofferma ad analizzare l’attuale normativa e, nello specifico, quanto disposto con l’art. 26 del D. Lgs. 81/08, che viene esaminato nel dettaglio distinguendo quattro categorie di rischi connessi all’appalto: quelli derivanti dal luogo di lavoro, quelli derivanti dall’inidoneità tecnico professionale dell’appaltatore, quelli da interferenza e quelli da ingerenza. La distinzione tra questa diversa tipologia di rischi si dimostra infatti utile per individuare gli obblighi e i confini della responsabilità di ciascuno dei soggetti coinvolti nel ciclo produttivo.
Per quanto riguarda la responsabilità ricorda che “a norma dell’art. 2087 c.c., il datore di lavoro è costituito garante non solo dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale del prestatore di lavoro ma anche di persona estranea all’ambito imprenditoriale, purché sia ravvisabile un nesso causale tra l’infortunio e la violazione della disciplina sugli obblighi di sicurezza”.
A tal proposito l’autrice sottolinea che l’imputazione di responsabilità non è ovviamente automatica e il suo accertamento non può prescindere da un attento esame di tutte le circostanze del caso concreto: “l’effettiva incidenza dei diversi soggetti nell’eziologia dell’evento, le specificità del lavoro da eseguire, i criteri seguiti dal committente nella scelta dei soggetti cui affidare i lavori, la sua ingerenza nello loro svolgimento, il grado di percepibilità da parte dei diversi soggetti di eventuali situazioni di rischio, l’adempimento degli obblighi di informazione e formazione circa i pericoli insiti nell’ambiente di lavoro e nella specifica attività affidata a ciascun lavoratore, la predisposizione di specifiche misure di coordinamento, nonché, infine, la sussistenza di un adeguato sistema di vigilanza e controllo sull’esecuzione dei lavori”.
Il saggio evidenza inoltre che “indipendentemente dagli specifici obblighi che l’art. 26 pone a carico del committente e/o dei diversi datori di lavoro che si trovano a cooperare allo stesso ciclo produttivo, in capo a ciascuno di essi sussiste comunque un obbligo generale di valutare tutti i rischi presenti nell’ambiente di lavoro; obbligo che discende non solo dall’art. 2087 c.c. ma anche dalle specifiche previsioni contenute nell’art. 28, d.lgs. n. 81/2008, nonché da quanto affermato dalla Corte di giustizia nella storica sentenza di condanna dell’Italia C-49/00 secondo al quale il datore di lavoro ha l’obbligo di valutare tutti i rischi presenti nell’ambiente di lavoro”.
Infine l’autrice ricorda che “al titolare dell’impresa non si chiede infatti di svolgere personalmente tutte le funzioni necessarie per la realizzazione della propria attività economica e tantomeno gli si chiede di adempiere personalmente a tutti gli obblighi di sicurezza, né gli si impone, quando assuma le vesti del committente, di ricorrere o non ricorrere a determinati tipi di contratto; gli si chiede invece di predisporre una “adeguata organizzazione della sicurezza degli interessi protetti”; gli si domanda cioè di dividere il lavoro, ripartire compiti e funzioni. Non è dunque l’utilizzo di un determinato tipo contrattuale con cui tale ripartizione viene effettuata a costituire il fondamento della posizione di garanzia, quanto l’attività complessiva di organizzazione del ciclo produttivo, anche ove ciò avvenga mediante la creazione di una rete di imprese tra loro collegate”.
Poste queste basi la studiosa procede quindi ad analizzare le disposizioni contenute all’art. 26 del D.Lgs. 81/08, distinguendo i diversi obblighi in capo al committente.
Primo fra tutti c’è l’obbligo di verifica dell’idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici. La norma, che ha la finalità di imporre al committente un obbligo di selezione di soggetti affidabili, in attesa di emanando decreto, attualmente “si caratterizza per la definizione di un sistema di verifica provvisorio, consistente nell’acquisizione di due documenti: il certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato e un’autocertificazione dell’impresa appaltante o del lavoratore autonomo attestante il possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale.” Unico caso per cui un sistema di qualificazione delle imprese è stato emanato è il d.P.R. 14 settembre 2011, n. 177, che riguarda però solo le imprese che svolgono lavori in luoghi confinati (pozzi, fogne, cunicoli, gallerie, tubazioni, canalizzazioni, vasche, recipienti, ecc.) caratterizzati da un altissimo rischio.
L’autrice passa quindi in rassegna le problematiche poste dal comma 1 dell’art. 26 che affronta gli obblighi di informazione, cooperazione e coordinamento entro i confini dell’autonomia dell’appaltatore e del divieto di ingerenza del committente. “Tali obblighi non sono posti in capo al solo committente dei lavori ma a tutti i datori di lavoro e lavoratori autonomi impegnati nel ciclo produttivo 84. Al committente spetta però anche un ulteriore compito di promozione del coordinamento”.
In ultimo l’autrice presenta le importanti modifiche intervenute recentemente in merito agli obblighi documentali, la redazione del Duvri e l’indicazione dei costi della sicurezza nei contratti di appalto; la tematica della responsabilità solidale del committente per i danni subiti dai dipendenti dell’appaltatore e dei subappaltatori non indennizzati dall’Inail (comma4 dell’art. 26 del D.Lgs. 81/08).
Per approfondire: Wp 26/2013.