ROMA – Con la sentenza n. 38700 del 3 Novembre 2010, la Sezione IV Penale della Corte di Cassazione ha stabilito che il datore di lavoro, all’interno di cantieri edili, è tenuto ad assicurarsi che il sistema di sollevamento in uso a mezzo di carrucola a mano e fune dotata di gancio sia idoneo a trasportare il carico senza eventuale sganciamento dello stesso con conseguente caduta del carico addosso ai lavoratori.
Il caso di specie si riferisce alla morte di un lavoratore impegnato nella posa in opera di un ponteggio sulla facciata di una scuola, colpito dalla caduta di un piano di calpestio in ferro, usato come camminamento nei ponteggi stessi, ribaltatosi dalla carrucola con cui era spostato ad un’altezza maggiore.
Sia in I grado di giudizio, che in sede di appello il legale rappresentante era stato ritenuto colpevole e quindi aveva proposto ricorso in Cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza.
Gli Ermellini, conformandosi alla tesi seguita sia nel I che in II grado di giudizio, hanno dichiarato inammissibile il ricorso ed infondati i motivi dello stesso.
Infatti il legale rappresentante della ditta affidataria dei lavori è stato ritenuto colpevole della morte dell’operaio sia per non aver provveduto, come di sua competenza, all’osservanza delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro (il semplice utilizzo del casco protettivo, il c.d. elmetto), sia per non aver saputo attuare le misure atte ad evitare lo sganciamento del carico dalla carrucola (utilizzo di un gancio chiuso e o cautele utili ad evitare gli urti naturali alla struttura dovuti dal movimento di salita del carico fino ai 12 metri di altezza), e ad evitare il passaggio dei carichi sospesi in corrispondenza dei lavoratori.
Pertanto nel ribadire l’obbligo gravante sul datore di lavoro per le operazioni di sollevamento sui ponteggi edili, i Giudici della IV sezione penale della Cassazione hanno così motivato la loro decisione: “Non poteva certo esimere da responsabilità il datore di lavoro che utilizzava un così rischioso sistema di carico, la semplice prescrizione orale data ai lavoratori di non sostare nelle zone di carico, in quanto, in tale contesto, non poteva certo ritenersi che la presenza dei lavoratori in tali zone potesse considerarsi un evento eccezionale, tale da interrompere il nesso di causalità”; in definitiva il ragionamento seguito ha dimostrato la presenza del nesso di causalità tra fatto e danno tale da doversi ascrivere totalmente alla colpa/negligenza del datore di lavoro l’evento prevedibile e funesto occorso al lavoratore.
La IV Sezione Penale ha poi chiosato: “Pertanto né rispetto ai capi né rispetto ai punti della sentenza impugnata, –con chiaro riferimento alla contestata illogicità della motivazione nella sentenza della Corte di Appello- né rispetto all’intera tessitura motivazionale che nella sua sintesi è coerente e completa, è stata in alcun modo configurata la protestata assenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione”.