MELBOURNE – Un gruppo di studiosi australiani del’Università di Melbourne hanno condotto uno studio per rilevare l’affaticamento attraverso l’analisi della voce. Il dottor Vogel, che ha condotto la ricerca ha appena pubblicato un saggio sulla rivista scientifica della Società di Acustica degli Stati Uniti.
I risultati della ricerca aprono nuove possibilità per la sorveglianza e la gestione dello stato di affaticamento dei lavoratori e può risultare molto utile se applicata a lavori che implicano turni prolungati quali personale medico, militari o funzionari della pubblica sicurezza. Questa metodologia permette infatti in modo non invasivo di avere un parametro sul livello di stanchezza raggiunto e sulla eventuale necessità di sospendere il turno di lavoro.
Attraverso test sulla voce potrà inoltre essere possibile misurare la resistenza della persona ad un dato tipo di lavoro e determinare quindi se è idoneo o meno per quella attività.
Ma cosa succede alla nostra voce e al nostro modo di parlare quando siamo stanchi?
I ricercatori hanno studiato per 24 ore di seguito un campione di diciotto giovani adulti che ogni due ore erano tenuti ad effettuare delle registrazioni di vocali prolungate, sequenze di numeri e brani di lettura. Con l’avanzare delle ore e dell’affaticamento si è rilevata una diffusa tendenza a rallentare il ritmo della parlata, a fare più pause, ad utilizzare toni di voce più profondi e allo stesso tempo di essere soggetti a un significativo aumento delle variazioni vocali.
Tutto questo è facilmente spiegabile anche facendo semplicemente capo al funzionamento dell’apparato fonatorio: più siamo stanchi più è difficile mantenere il controllo dei muscoli che producono il linguaggio!