ROMA – Umbria, Toscana e Basilicata: sono queste le tre regioni che, più di tutte le altre, spiccano per la percentuale di controlli effettuati nelle aziende del territorio per verificare il rispetto delle misure di sicurezza. Tutte e tre superano di molto l’obiettivo minimo del 5 per cento dettato nel Patto per la salute nei luoghi di lavoro, siglato nel giugno 2007 tra Governo e Regioni. Tra gli obiettivi che tale patto si prefiggeva di raggiungere, infatti, era chiaramente indicato che tutte le Regioni garantissero ispezioni in almeno il 5 per cento delle aziende presenti nella propria zona. L’obiettivo doveva essere raggiunto entro un anno dalla stipula e poi mantenuto nel tempo.
Ora, a tre anni e mezzo dalla firma di quel documento, è possibile fornire dati relativi all’effettiva adesione delle singole Regioni a questo criterio. I dati del bilancio risalgono al 2008 e sono una elaborazione, fatta dalla Regione Umbria, dei dati mostrati nei flussi informativi Inail –Ispesl – Regioni. Da quanto ne risulta, ad un anno dalla stipula del patto, e dunque quanto tutte avrebbero dovuto almeno raggiungere il risultato minimo, in effetti solo 13 regioni su 22 (considerando divise la Provincia Autonoma di Trento e quella di Bolzano) erano riuscite a farlo.
In questa classifica l’Umbria è in vetta con una percentuale del 10,6 per cento, seguita dalla Toscana (9 per cento), dalla Basilicata (8,7per cento), dall’Emilia Romagna (7,4 per cento), dalla Valle D’Aosta (7,3 per cento) e dalle Marche (6,4 per cento). Più vicini al limite minimo, ma comunque al di sopra, altre sette regioni. La Campania, dove i controlli sono al 6,1 per cento delle aziende del territorio, la Liguria e la Provincia di Bolzano con il 5,8 per cento, il Friuli Venezia Giulia con il 5,7 per cento, la Lombardia con il 5,6 per cento, il Lazio con il 5,3 per cento e l’Abruzzo con il 5,2 per cento. Per queste ultime due regioni tuttavia si tratta di un risultato positivo a metà poiché, se anche soddisfano il criterio minimo previsto dal Patto per la salute nei luoghi di lavoro, la loro percentuale è inferiore alla media del 5,4 per cento che risulta dall’analisi a livello nazionale.
E poi c’è il lato negativo della medaglia: 8 regioni che sono addirittura al di sotto del 5 per cento minimo. Il peggior risultato è quello della Sicilia, con solo l’1,9 per cento delle aziende che hanno avuto un controllo – e non sarà un caso che l’Isola detenga anche il record per gli infortuni – seguita dal Molise fermo al 2,6 per cento e dalla Calabria (2,9 per cento). In questa classifica negativa ci sono anche grandi Regioni del nord come il Veneto, fermo al 3,4 per cento dei controlli e il Piemonte (3,3 per cento) e del sud, con la Sardegna (3,9 per cento) e la Puglia (3,3 per cento). Dato negativo anche per la Provincia di Trento che si ferma ad un 4 per cento, un dato che si scontra con la vicinissima realtà di Bolzano dove la percentuale raggiunta è del 5,8 per cento. Da questo quadro emerge così un’Italia che riesce appena a superare l’obiettivo minimo che si è data e che, andando a guardare regione per regione, è visibilmente eterogenea, con alcune Regioni che doppiano la media nazionale ed altre che mostrano, come nei casi più eclatanti della Sicilia, del Molise e della Calabria, una percentuale di controlli assolutamente insufficiente.