GINEVRA – L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO – International Labour Organization) ha pubblicato il rapporto “Children in hazardous work: what we know, what we need to do”, un rapporto in cui denuncia le gravi condizioni di rischio cui sono esposti i bambini che lavorano. La situazione è preoccupante:
- Di 215 milioni di bambini lavoratori sono 115 milioni i bambini che lavorano in attività ad alto rischio;
- in quattro anni il numero di adolescenti tra i 15 e i 17 anni impiegato in lavori rischiosi è aumentato del 20%;
- i bambini sono vittime di malattie, infortuni e incidenti mortali più che gli adulti.
Affrontare il lavoro rischioso per i minori è una delle priorità delle direttive ILO e degli obiettivi stabiliti con il “Global plan of action for children labour” che fissa al 2016 la data ultima per l’eliminazione dell’impiego di minori in lavori rischiosi.
Troppo spesso ancora bambini e adolescenti sono impiegati nell’industria mineraria, nella raccolta della frutta, nei mercati, nei lavori in strada in molti altri settori lavorativi, sottoposti a condizioni di lavoro che li espongono ad ogni tipo di rischio e danno per la salute e la sicurezza: intossicazioni, problemi di sviluppo, disturbi all’apparato respiratorio, alla vista e all’udito, danni cerebrali e muscolari.
Questo rapporto offre uno spaccato sulla situazione attuale, cosa sappiamo del fenomeno e cosa si può fare. Il rapporto è suddiviso in tre sezioni.
La prima fornisce una panoramica generale del problema, la sua definizione, il numero dei bambini a rischio, i pericoli per la salute e come proteggere i bambini a livello legale.
Nella seconda parte, intitolata “Conoscenza e pratica: cosa abbiamo imparato?” l’attenzione si focalizza su dati che riguardano specifici settori lavorativi: l’agricoltura, la pesca, i lavori domestici, il comparto manifatturiero, l’industria mineraria e il settore edile. Questi settori non sono stati selezionati in quanto necessariamente i peggiori ma per sottolineare l’importanza della valutazione dei rischi in ogni impiego in modo da poter determinare quali attività sono adeguate o meno per un minore. Una sezione quindi che vuole stimolare la consapevolezza su quali siano i reali rischi cui sono esposti i bambini e le conseguenze sulla loro salute e integrità psico-fisica.
La terza ed ultima parte del rapporto tira le fila di quanto analizzato nei capitoli precedenti per arrivare a delineare una cornice entro cui impegnarsi in modo coordinato e integrato per arrestare il fenomeno. In questa sezione quello che si propone è un cambiamento di prospettiva: il problema del lavoro minorile non va affrontato singolarmente ma inserito in una logica che prende in considerazione tutto il ciclo di vita del lavoratore. Questo implica prima di tutto unire gli sforzi per assicurare che i bambini di ogni parte del mondo ricevano adeguata formazione e che le politiche educative si occupino di preparare i bambini ad una vita lavorativa consapevole accompagnandoli nella transizione tra scuola e lavoro.
Anche se il numero di bambini che lavorano in attività rischiose è ancora molto alto i dati mostrano che la loro presenza è più alta in alcune regioni, per specifiche attività e specifiche età. Queste devono quindi diventare le priorità per azioni mirate. Il fenomeno del lavoro minorile in settori rischiosi deve essere una priorità che nei prossimi cinque anni porti tutte le nazioni ad agire affinché:
- Si facciano tutti gli sforzi possibili per la scolarizzazione di tutti i bambini almeno fino all’età minima per lavorare;
- si rafforzino le misure per la tutela della salute e sicurezza di tutti i lavoratori, ma con particolari misure per bambini e ragazzi fino ai diciotto anni;
- si porti a termine un processo normativo concertato tra lavoratori e datori di lavoro per mettere al bando i lavori rischiosi per bambini e adolescenti.
Per approfondire:
Children in hazardous work: What we know, what we need to do