BRUXELLES – La Corte di Giustizia Ue, con sentenza del 7 ottobre 2010 ha stabilito che quando più imprese sono presenti in un cantiere, è obbligatorio nominare un coordinatore per la sicurezza il quale è tenuto a redigere un piano di sicurezza qualora esistano rischi particolari. La sentenza stabilisce altresì che la circostanza che un permesso di costruire sia stato richiesto o meno è irrilevante.
Il caso nasce da un fatto avvenuto nel 2008 a Bolzano. Gli ispettori del servizio di tutela del lavoro della Provincia autonoma di Bolzano effettuarono un’ispezione presso un cantiere edile per il rifacimento di un tetto, in cui la manodopera, l’autogru e il parapetto erano forniti da tre diverse imprese che lavoravano contemporaneamente nel cantiere. Da sottolineare che per questo tipo di lavoro ai sensi della legislazione italiana non è richiesto il rilascio di un permesso di costruire. Contro la proprietaria dell’immobile e committente dei lavori, fu avviato un procedimento penale per la violazione degli obblighi di sicurezza imposti dalla direttiva U.E., 92/57/CEE, recepita dall’ordinamento giuridico italiano mediante il decreto legislative 494 del 14 agosto 1996, modificato a più riprese, in particolare dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Però, in base alla legge italiana che traspone la direttiva, l’obbligo di designare il coordinatore e di redigere il piano non si applica ai lavori privati non soggetti a permesso di costruire.
Per questo motivo il Tribunale di Bolzano, nutrendo dubbi riguardo la suddetta deroga ha deliberato di rivolgersi direttamente alla Corte di Giustizia Europea.
Nella sentenza, la Corte ribadisce che la direttiva prescrive senza equivoci l’obbligo di nominare un coordinatore in materia di sicurezza e di salute per ogni cantiere in cui sono presenti più imprese.
La direttiva pertanto non ammette alcuna deroga a tale obbligo: un coordinatore in materia di sicurezza e di salute deve essere sempre nominato per qualsiasi cantiere in cui sono presenti più imprese al momento della progettazione o, comunque, prima dell’esecuzione dei lavori. Del tutto irrilevante la circostanza che i lavori siano soggetti o meno a permesso di costruire ovvero che tale cantiere comporti o no rischi particolari.
Non è il titolo abilitativo richiesto l’elemento che consente di valutare il grado di pericolosità dei lavori: un lavoro per il quale è sufficiente la Denuncia di inizio attività o la comunicazione di inizio lavori non è necessariamente meno rischioso di un lavoro soggetto alla richiesta di permesso di costruire.
L’aspetto da prendere in considerazione non è la presenza o meno di una permesso di costruzione ma il rischio rappresentato dalla coesistenza nello stesso cantiere di più imprese. Queste possono svolgere le proprie funzioni senza provocare rischi agli altri lavoratori solo se le azioni sono state valutate e programmate grazie alla presenza del coordinatore.
Secondo la legge comunitaria, prima che sia aperto il cantiere, il committente o il responsabile dei lavori controlla che il coordinatore abbia redatto un piano di sicurezza e salute che precisi le regole applicabili tenendo conto delle attività che vengono effettuate sul luogo.
Nella fase progettuale, tra gli altri compiti del coordinatore c’è la stesura di un fascicolo adattato alle caratteristiche dell’opera, che contenga gli elementi utili in materia di sicurezza e di salute da prendere in considerazione all’atto di eventuali lavori successivi.
Durante la realizzazione dell’opera, i coordinatori verificano l’attuazione dei principi generali di prevenzione e sicurezza al momento delle scelte tecnico-organizzative, in modo da pianificare i lavori simultanei o successivi, e all’atto in cui viene prevista la loro durata.
A seguito di questa sentenza Cesare Damiano, capogruppo del Pd in Commissione Lavoro, commenta. “La sentenza della corte di giustizia europea in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro coglie un punto fondamentale: quello di avere la figura di un coordinatore alla sicurezza in ogni sito all’interno del quale siano presenti piu’ imprese. La recente tragedia di Santa Maria Capua Vetere, nella quale morirono per asfissia in una cisterna 3 lavoratori dimostra che senza un controllo sulla corretta esecuzione dei lavori in appalto i rischi di incidenti mortali moltiplicano. Non basta la regolarita’ del committente se questo non esercita un controllo su tutta la catena degli appalti. Come Pd insistiamo sull’esigenza di rivedere la normativa degli appalti al massimo ribasso che renda non comprimibile il costo del lavoro e quello della sicurezza. Il Governo, che si e’ esercitato dal 2008 nel depotenziamento del testo unico su salute e sicurezza, farebbe bene a dare attuazione ai circa 40 decreti ancora da applicare in materia.”