ROMA – Lo stress lavoro correlato è oggi una realtà, un fenomeno riconosciuto e per il quale sta salendo l’attenzione delle ricerca e delle istituzioni. Esistono attività lavorative che comportano un maggiore rischio stress lavoro rispetto ad altre. Professioni che comportano un continuo contatto con le persone, con le esigenze del prossimo alle quali occorre corrispondere professionalità e tempestiva risposta. Tra queste è annoverabile l’insegnamento. A ridosso dell’inizio del nuovo anno scolastico abbiamo chiesto alla Psicologa del Lavoro, Dott.ssa Francesca Di Battista, alcune considerazioni in merito. Colloquio su come si comporta lo stress lavoro correlato tra gli insegnanti, cause, reazioni e indicazioni per rimedi e reazioni efficaci e salubri.
Dottoressa, che relazione c’è tra insegnamento e stress lavoro correlato.
Gli insegnanti sono chiamati oggigiorno a operare in una società in continua evoluzione, contraddistinta da crescente fluidità, complessità e modernizzazione. In ambito scolastico, si possono individuare fattori di diversa natura che provocano, a lungo andare, stress lavoro correlato. Sociali e personali: personalità, resistenza individuale agli stimoli, condiscendenza, background culturale, mitezza, status socio-economico; relazionali: necessità di gestire differenti relazioni interpersonali con studenti e famiglie, competitività tra colleghi, affollamento delle classi; organizzative: collocazione geografica della scuola, comunicazione interna, equità, risorse a disposizione, programmi didattici da trattare, presenza di feedback, chiarezza dei regolamenti, carico di lavoro; socio-culturali: evoluzione scientifica (necessità di tenere il passo con le nuove tecnologie), globalizzazione, classi multiculturali e multietniche, deleghe sull’educazione dei figli da parte di famiglie assenti o monoparentali, inserimento nelle classi di portatori di handicap, valutazione della docenza da parte degli utenti, precariato, mobilità, susseguirsi di riforme, prolungamento dell’età pensionabile.
Da alcuni anni inoltre, in una categoria professionale messa così a dura prova, si riscontrano numerosi casi di burnout, sindrome spesso associata alle professioni in cui il rapporto con l’utente assume un profondo significato emotivo.
Cosa comporta la sindrome da burnout, a cosa conduce.
Tale disturbo, causato da eventi stressogeni protratti nel tempo, è generalmente caratterizzato da sintomi quali: ansia, esaurimento fisico, indifferenza, irritabilità, sfiducia, somatizzazioni (nevralgie, disturbi gastrointestinali, insonnia), apatia e stato di frustrazione dovuto alla mancata realizzazione professionale. Un elemento che caratterizza questo malessere è la perdita della capacità di controllo da parte del soggetto cui sfuggono i confini della propria professione. Ciò fa sì che l’esperienza lavorativa assuma un’eccessiva importanza nella sfera relazionale dell’individuo, impedendone il necessario distacco emotivo e suscitando reazioni istintive aggressive. La sindrome del burnout conduce, nel tempo, a cinismo, calo nell’impegno verso il proprio lavoro, inefficienza, riduzione della qualità nelle prestazioni, assenteismo.
Cosa accade, quali le reazioni, i rimedi celeri e a volte inopportuni con i quali si cerca di reagire al disagio, alle difficoltà quotidiane.
Spesso, per far fronte allo stress, vengono messe in atto da parte dei soggetti coinvolti strategie di coping (tecniche per fronteggiare problemi) inefficaci e deleterie come: fumare, bere, prendere psicofarmaci (questa forma di autocura porta all’assuefazione cronicizzando il disagio), volte alla negazione o alla minimizzazione degli episodi stressanti.
Quali invece le strategie opportune, non deleterie e benefiche.
Efficaci strategie di coping potrebbero essere: assumere un approccio meno idealista in favore di una più realistica revisione delle proprie aspettative professionali, focalizzarsi sulle caratteristiche positive della propria professione, concedersi momenti di evasione dedicandosi ad attività al di fuori del proprio lavoro, lavorare con altri per condividere esperienze stressanti.
Validi strumenti in grado di prevenire l’insorgenza di tale disturbo nel corpo docenti, possono essere rappresentati da specifici interventi formativi. In particolare, è ipotizzabile la realizzazione di seminari in cui proporre nuove tecniche d’insegnamento avvalendosi della condivisione tra i partecipanti dei propri vissuti, oppure di workshop incentrati su tecniche di gestione dello stress o, ancora, su tecniche di comunicazione, decision-making e gestione d’aula.
Inoltre, in aggiunta ai periodici corsi di aggiornamento professionale, una formazione informatica può essere in grado di colmare eventuali gap tra allievi e docente permettendo a quest’ultimo di avvicinarsi loro “parlando la stessa lingua”. E infine, l’istituzione di un’equipe di psicologici a supporto delle scuole e un servizio di counselling permetterebbero di contenere l’espansione del fenomeno dando la possibilità di sperimentare relazioni costruttive e accrescere la propria autoefficacia. Acquisire maggiore fiducia in se stessi consentirebbe agli insegnanti di porsi in maniera positiva di fronte alle nuove sfide senza considerarle delle minacce. Aumentando la percezione circa la capacità di adottare con successo un certo comportamento, il soggetto esibirà un più elevato livello di determinazione risultando anche più autorevole agli occhi degli altri.