TORINO – Sono state depositate le motivazioni della sentenza riguardante la tragedia dello stabilimento della Thyssenkrupp di Torino, sentenza che ha condannato l’amministratore delegato dell’azienda Harald Espenhan a 16 anni per l’omicidio volontario dei sette operai coinvolti nel drammatico rogo del dicembre 2007.
“L’amministratore delegato Harald Espenhan conosceva le condizioni di pericolo anche per la vita umana in cui versava lo stabilimento Thyssenkrupp di Torino e non ha fatto nulla per rimuoverle perchè pensava di ricavarne una convenienza economica per la società”. Questa la sintesi delle motivazioni, della seconda Corte d’Assise di Torino presieduta da Maria Iannibelli. La Corte ha definito ”scelta sciagurata, quella di Espenhan, amministratore delegato di Thyssen Italia, di non investire a Torino, malgrado la compagnia di assicurazione Axa avesse chiesto un aumento della franchigia a 100 milioni proprio a causa del pericolo incombente . Il manager tedesco, condannato a 16 anni e 6 mesi conosceva bene l’ambiente e il modo di lavorare a Torino, ma decise di postporre l’intervento di messa in sicurezza dopo la dismissione dello stabilimento torinese e il trasferimento a Terni della linea 5, quella dove si verificò il tragico incendio. Tutto questo per ”agioni economiche non nell’interesse suo personale, ma dell’azienda”. La Corte ha ritenuto fondata e fondante la ricostruzione dei fatti dell’unico sopravvissuto alla tragedia, Antonio Boccuzzi, ora parlamentare PD.
Ad Harald Espenhan è stato riconosciuto il minimo della pena derivato dai 12 milioni di indennizzo già versati, i 9 milioni comminati dalla sentenza e il suo atteggiamento consapevole e responsabile tenuto durante il processo. Assieme a lui furono condannati altri sei dirigenti dello stabilimento.
Ancora, Espenhan, nonostante conoscesse “in modo approfondito e dettagliato le reali condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino e cosi gli impianti” decise di “non investire nulla, di non effettuare alcun intervento di fine preventivo“. “Decide di continuare la produzione per altri 15 mesi dopo che era già stata decisa la chiusura dell’impianto torinese” e “continuare la produzione è stata una scelta sciagurata, compiuta in prima persona”. L’ad “si era rappresentato la concreta possibilità, la probabilità del verificarsi di un incendio, di un infortunio anche mortale sulla Linea 5 di Torino” e quindi “non intervendo con gli investimenti necessari” ha fatto in modo di comportarsi come se “ne avesse effettivamente accettato il rischio”. Espenhahn aggiunge la Corte ”come tutti gli altri imputati, nutriva dentro di sè la speranza che nulla accadesse”, ma si legge ancora, la speranza per essere determinante ”deve essere caratterizzata dalla ‘ragionevolezza”.
Ricordiamo che l’inchiesta e l’accusa sono state condotte dal Pm Raffaele Guariniello, Paola Longo e Francesca Traverso. Guariniello ha così commentanto la sentenza: “la degna, eccezionale conclusione, di uno dei processi in assoluto piu’ importanti mai celebrati nel nostro Paese e non solo”. E ha poi aggiunto: “la giustizia puo dare risposte straordinarie alle istanze di tutela della dignita’ e dei diritti dei cittadini ma occorre poter entrare nelle stanze dei Consigli di amministrazione e scoprire le scelte aziendali di fondo che portano agli infortuni e ai disastri”. Lo stesso Guariniello ha in ultimo lanciato un appello perchè il suo gruppo di lavoro sulla sicurezza non venga smembrato, in nome delle norme, delle prassi che prevedono che il magistrato non possa rimanere nello stesso ufficio per più di 10 anni. “Per l’anno prossimo ci attendono impegni molteplici e severi quali le fasi successive dei processi ThyssenKrupp, Eternit, Darwin e tanti procedimenti penali che riguardano tumori professionali. In questa prospettiva il nostro gruppo rischia di subire un collasso”.