Documento sulle malattie professionali connesse all’utilizzo dell’amianto da rappresentare alla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali.
Il 12 maggio una delegazione della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome è stata ricevuta in audizione dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali per un incontro centrato su argomento principale. L’amianto.
Il resoconto sommario dell’audizione può essere consultato qui, nelle pagine sulle quali la Commissione sugli infortuni sul lavoro di questa XVII Legislatura pubblica regolarmente i resoconti delle sedute o le sue relazioni.
Documento Conferenza Regioni
Ciò che però vorrei segnalare oggi, è quanto la Conferenze delle Regioni ha posto all’attenzione della Commissione di Palazzo Madama. Un documento sulle malattie professionali da amianto, una lunga riflessione sull’esposizione all’amianto, sulla prevenzione e le leggi, sul Piano nazionale di prevenzione 2014-2018, sullo stato di attuazione del Piano amianto e infine ovviamente, sulle azioni messe in campo dalla Regioni stesse.
“Una caratteristica delle patologie indotte da amianto, delle neoplasie in particolare, è il lungo periodo di latenza, che può giungere ad oltre 40 anni tra l’inizio dell’esposizione e l’insorgenza della malattia; per questo motivo, posto che il picco di utilizzo dell’amianto si è avuto tra gli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, oggi si evidenziano gli effetti dell’esposizione avvenuta in quegli anni”. Così inizia la relazione delle Regioni”.
“L’esposizione dei lavoratori all’amianto e indirettamente della popolazione è stata caratterizzata da differenti livelli espositivi, progressivamente decrescenti a partire dalla metà degli anni ’80, in funzione dell’evoluzione della normativa e delle indicazioni delle società scientifiche (TLV dell’Associazione americana degli igienisti industriali). Con gli anni i livelli di esposizione professionale sono scesi progressivamente passando da livelli di esposizione pari a 5 ff/cc (fibre per centimetro cubo d’aria) previsti dall’ACGIH nel 1971 ai livelli attuali di 0,1 ff/cc indicati nel D.Lgs 81/08″.
“L’elevata esposizione lavorativa avvenuta antecedentemente gli anni 90 è, quindi, la ragione dell’epidemia di malattie professionali da amianto che oggi registriamo in Italia. Epidemia, che si caratterizza annualmente per un numero di decessi per malattie professionali pari agli infortuni sul lavoro e che in questi anni dovrebbe avere raggiunto il culmine della curva secondo i ricercatori del Registro Nazionale Mesoteliomi, Inail – Regioni (Figg. 1 e 2)”.
Malattie professionali da amianto
È noto ormai come dal 1992, dalla Legge 257 del 1992, sia in vigore in Italia il divieto assoluto di ogni attività riguardante l’amianto. Chi sono quindi i lavoratori potenzialmente esposti a partire da quella data.
Sono:
- “lavoratori che operano in strutture, edifici e impianti in cui erano già presenti, e sono rimasti in opera, manufatti contenenti amianto;
- i lavoratori che sono attualmente adibiti alla bonifica di tali materiali con le modalità previste dalla stessa legge 257/92 e dai decreti legislativi sulla sicurezza sul lavoro che si sono susseguiti nel tempo (D.Lgs 277/91, D.Lgs 626/94 e D.Lgs 81/2008)”.
Il documento riporta un interessante grafico tratto dai citati dati Renam, che mostra i settori di attività maggiormente esposti. Sono settori divisi a seconda dell’uso fatto dell’amianto, ovvero diretto, indiretto, esposizione atipica, costruzioni, con l’esposizione calcolata per casi registrati di mesotelioma maligno.
Al primo posto troviamo l’edilizia, (uso costruzioni), quindi con la metà dei casi i cantieri navali (uso indiretto), poi industria metalmeccanica, tessile, fabbriche di metallo, industria chimica, industria vetro, difesa militare (tutte con uso diretto).
Al primo posto invece delle mansioni con esposizione atipica, troviamo la produzione e la manutenzione di mezzi di trasporto, e al primo posto nell’uso indiretto i rotabili, ferroviari.
Anche se i grandi centri di lavorazione industriale, afferma il documento delle Regioni, attualmente risultano non più esistenti e almeno messi in sicurezza, il pericolo sappiamo come derivi dai molti siti con amianto di origine antropica, prevalentemente in matrice compatta, tuttora da bonificare.
Attività delle Regioni
Esposizioni, mansioni, rischi ormai decennali. Quali sono state finora le attività delle Regioni nel campo della prevenzione e della vigilanza?
Due sono stati gli indirizzi delle politiche adottate finora, indirizzi adottati seguendo gli obiettivi 7 e 8 del Piano nazionale di prevenzione 2014-18 approvato in sede di Intesa Stato-Regioni il 13 novembre 2014:
- “a. ricerca delle patologie da amianto e sorveglianza sanitaria dei lavoratori ex esposti;
- b. prevenzione e vigilanza sugli insediamenti e sui lavori di bonifica dell’amianto per la tutela degli addetti e della popolazione”.
Gli stessi obiettivi sono stati inseriti anche nel Piano nazionale amianto, che risulta però essere ancora non approvato dalla Conferenza delle Regioni, dopo il parere negativo espresso il 13 gennaio 2015 dal Ministero dell’Economia.
L’attività di ricerca citata dal documento riporta le azioni di sorveglianza epidemiologica effettuate dai Centri Operativi Regionali, art. 2 DPCM n. 308/2002, il Renam Inail, un programma di controllo sanitario post esposizione già in atto in 14 Regioni e un prossimo progetto di “sperimentazione e validazione di un protocollo di sorveglianza sanitaria dei lavoratori ex esposti ad amianto, ai sensi dell’art. 258 D.lgs. 81/08” del Ccm.
Per quanto riguarda la vigilanza sulla bonifica, il monitoraggio e il controllo del territorio previsti dall’articolo 9 della L.257/92 (e con lettura integrata dei D.Lgs. 277/91, D.Lgs. 626/94, ed oggi degli artt. 250 e 256 D.Lgs. 81/08) il documento riporta come “dal 2007, le Regioni monitorano, secondo indicatori di attività condivisi, le prestazioni delle Asl nel settore della sicurezza e salute del lavoro (nel caso specifico delle fibre di amianto anche di tutela del cittadino e dell’ambiente)”.
Parlando dei casi di bonifica “l’analisi dei dati evidenzia come negli ultimi anni, in media siano stati notificati alle Asl oltre 60.000 piani di bonifica dell’amianto friabile o in matrice compatta (86.386 notifiche nel 2013)”. “Oltre il 13 % dei cantieri adibiti ad attività di bonifica è annualmente oggetto di controllo ispettivo da parte delle ASL con riferimento prioritario alle situazioni di maggior pericolo”.
Inserita nella relazione, una tabella mostra quindi il progresso delle attività di controllo e vigilanza nel 2008-2013. Le notifiche e i piani di bonifica sono passati dal 2008 al 2013 dai 51.809 agli 86.386. I cantieri con amianto ispezionati dal 2009 al 2013 sono stati 11.926 (2009) 11.999 (2010), 12.807 (2011) 13.334 (2012) 11.512 (2013).
Sono citate infine nel documento, le attività riguardanti la segnalazione esposti, il flusso informativo previsto dall’art. 9, comma 1, della L. 257/92, la valutazione dello scenario di degrado e le misure prese insieme ai Comuni e alle Agenzie regionali per l’ambiente.
Conclusioni
Queste in ultimo alcune delle conclusioni del testo, che allega poi un lungo prospetto programmatico di Sperimentazione e validazione di un protocollo di sorveglianza sanitaria dei lavoratori ex esposti ad amianto, ai sensi dell’art. 259 D.Lgs 81/08”.
“Le patologie da amianto, che oggi registriamo, sono il risultato dell’esposizione professionale avvenuta negli anni antecedenti la legge di Riforma Sanitaria, L. n. 833 del 1978 in considerazione del lungo periodo di latenza della patologia da amianto. In tale contesto, le Regioni, attraverso le Asl, garantiscono la ricerca delle patologie ad amianto avvalendosi dei Centri operativi regionali, coordinati dal Registro Nazionale Mesoteliomi ed offrono, in varie realtà, assistenza ai lavoratori ex esposti ad amianto secondo protocolli di sorveglianza sanitaria che si sono unificati nella proposta di protocollo unico (allegato). L’attuazione del protocollo nazionale permetterà di offrire un livello di assistenza omogeneo su tutto il territorio nazionale basato su criteri di efficacia”.
Prima di chiudere con questo mio intervento, vorrei citare un altro passaggio della relazione, inerente la prevenzione sul lavoro nella quotidianità. Questo:
“Nell’attuale quadro normativo, la tutela sanitaria degli esposti ad amianto è posta a carico del datore di lavoro e del medico competente dallo stesso incaricato”. Ciò ai i sensi dell’articolo 40 all.3B.
Al 2013 i lavoratori sorvegliati per amianto quantificati da un monitoraggio delle attività dei medici competenti sono risultati essere 15.922.
Info: documento Regioni malattie professionali amianto