ROMA – L’amministratore delegato e direttore generale di Enel, Fulvio Conti, intervenuto alla terza settimana internazionale della sicurezza sul lavoro, ha ricordato uno per uno tutti i nomi delle vittime, concludendo che le morti sul lavoro sono un fatto inaccettabile e che l’obiettivo è sempre quello di giungere a “incidenti zero”.
Da parte sua Enel, nonostante l’ottima formazione che viene impartita ai dipendenti, ha ancora un problema grave: quello degli infortuni che occorrono a coloro che lavorano nei suoi appalti.
In occasione dell’appuntamento il Presidente di Enel, Piero Gnudi, ha chiesto ai manager del gruppo responsabili della sicurezza di essere severi nell’applicazione delle regole antinfortunistiche perché: “quando vediamo che in azienda c’è un incidente grave per noi è una grande sconfitta”.
I dati presentati da Enel vedono un costante miglioramento negli ultimi cinque anni degli indici della sicurezza con una riduzione del 65% della frequenza degli infortuni e del 44% della gravità.
Tuttavia, al confronto con le imprese concorrenti, Enel non primeggia e ciò nonostante l’impegno per la formazione, con oltre un milione di ore impiegate su questo versante attraverso giornate di lavoro tematiche, utilizzo di audiovisivi, convegni, conferenze, fino a vere e proprie esercitazioni, in cui coinvolge gli ottantamila dipendenti sparsi in 40 paesi del mondo.
Il problema principale viene dal fronte degli appalti.
A puntare il dito in questa direzione c’è anche, indirettamente, una sentenza ( procedimento C-224/09) della Corte di giustizia europea che ha ribadito l’obbligo di nomina di un coordinatore della sicurezza quando, nell’esecuzione dei lavori, concorrono più imprese, indipendentemente dalla circostanza che i lavori siano soggetti o meno a permesso di costruire ovvero che tale cantiere comporti o no rischi particolari.
Al di là della formulazione tecnica del provvedimento, sembra evidente che per i giudici proprio la fase di “passaggio di consegne” in un cantiere in corso è il momento ritenuto più critico. Quel che è stato fatto e conosciuto dalla prima imprese che è intervenuta nei lavori deve essere a perfetta conoscenza della seconda e così via. Sembra quindi che la figura del coordinatore per la sicurezza debba essere orientata sempre più verso quella di un “ufficiale di collegamento” sempre presente sul campo, almeno nei primi giorni di subentro di una impresa, più che verso quella di un tecnico che si limiti a dare prescrizioni teoriche e fare sorveglianza episodica.