GINEVRA— Pubblicato dall’Ilo un nuovo rapporto sul lavoro minorile. Il documento, Marking progress against child labour (Misurare i progressi della lotta al lavoro minorile), rileva che nonostante il fenomeno sia in riduzione l’obiettivo di eliminare le peggiori forme di sfruttamento minorile entro il 2016 non sarà raggiunto.
Dal 2000 il lavoro minorile è diminuito di un terzo (-32%) ma sono ancora 168 milioni i minori sfruttati al mondo, sottoposti a condizioni che ne compromettono la salute e sicurezza e lo sviluppo fisico e morale. 85 milioni i bambini impiegati in lavori pericolosi, erano 171 milioni del 2000.
I maggiori progressi nella lotta al lavoro minorile si sono registrati nell’ultimo quinquennio, a partire dal 2008 quando i bambini lavoratori erano ancora 215 milioni.
Una diminuzione più sensibile si rileva per il lavoro minorile delle bambine che dal 2000 è calato del 40%, mentre la percentuale di calo per i bambini è del 25%.
Comparto lavorativo dove è impiegato il maggior numero di minori, 98 milioni, è l’agricoltura (59% del totale) a seguire i servizi (54 milioni) e l’industria (12 milioni).
Il fenomeno varia nelle diverse aree geografiche: in termini assoluti il numero maggiore di bambini costretti a lavorare si trova nell’area Asia-Pacifico (quasi 78 milioni), ma percentualmente la maggiore incidenza del fenomeno si registra nell’Africa sub-Sahariana (oltre il 21%). L’incidenza di lavoro minorile è più elevata nei Paesi poveri, ma il maggior numero di bambini lavoratori si trova nei Paesi a medio reddito.
Calato il lavoro minorile nella fascia d’età 5-17, soprattutto in Asia dove si è passati da 114 milioni nel 2008 a 78 milioni nel 2012. Sono 9,2 milioni i bambini lavoratori in Medio Oriente e in Nord Africa.
Oltre all’analisi dei dati, che danno una misura dell’attuale gravità del fenomeno, il documento fornisce anche una panoramica sulle soluzioni adottate nella lotta allo sfruttamento minorile e loro efficacia.
Si rileva il ruolo dell’Ilo, che col suo Programma per l’eliminazione del lavoro minorile (IPEC), ha determinato l’impegno diretto dei governi, impegno richiesto anche attraverso la ratifica dalla Convenzione dell’ILO sull’età minima, 1973 (No. 138), e della Convenzione sulle peggiori forme di lavoro minorile, 1999 (No. 182).
«La direzione è giusta ma ci stiamo muovendo troppo lentamente” – ha dichiarato il direttore generale dell’Ilo, Guy Ryder – “Se vogliamo veramente porre fine a questo flagello nel prossimo futuro, allora dobbiamo raddoppiare gli sforzi a tutti i livelli. Abbiamo 168 milioni di buone ragioni per farlo”.
Rapporto completo e tutte le convenzioni: Ilo.