ROMA – In questa stagione si moltiplica il numero dei lavoratori esposti a radiazione solare: agricoltori, giardinieri, bagnini, operai, benzinai, postini e molti altri lavoratori si trovano per svariate ore a lavorare all’aperto e sotto i raggi del sole. Che conseguenze può avere questo per la loro salute?
La radiazione solare deve essere a tutti gli effetti considerata un rischio lavorativo: i raggi ultravioletti, responsabili di svariate patologie della pelle e dell’insorgenza di tumori, rientrano tra i rischi da agenti fisici da cui i lavoratori devono essere tutelati.
Con questo obiettivo l’ISPESL già negli anni scorsi aveva prodotto un opuscolo dedicato ai lavoratori e ai datori di lavoro dal titolo “La radiazione solare ultravioletta: un rischio per i lavoratori all’aperto”.
È noto che l’esposizione a radiazione ultravioletta, una delle due componenti della luce solare, è responsabile dell’insorgenza di fenomeni rilevanti per la cute che vanno dal fotoinvecchiamento, all’eritema solare all’insorgenza di vere e proprie neoplasie. Le reazioni della pelle variano a seconda dei soggetti e dei tipi di esposizione ma evidenze scientifiche rilevano che in ogni caso l’esposizione al sole determina un innalzamento dell’incidenza di malattie della pelle tra chi svolge professioni all’aperto (marinai, agricoltori, ecc.). Rischia l’insorgenza di una neoplasia sia chi si espone in modo violento e non protetto ai raggi solari in orari di massima irradiazione, soprattutto se si tratta di persone soggette a scottature, ma anche chi è esposto in modo cumulativo alla radiazione solare nel corso degli anni.
In che modo sono tutelati i lavoratori rispetto a questo rischio? A livello legislativo l’esposizione alle radiazioni ultraviolette da sole naturale è equiparato all’esposizione a radiazioni artificiali disciplinate al capo V del titolo VIII del D.Lgs. 81/08. La norma cui fare riferimento per la valutazione dei rischi è la norma UNI EN 14255-3 che specifica le procedure di misurazione o stima e di valutazione delle esposizioni personali a radiazioni ultraviolette emesse dal sole. La norma si applica ai lavoratori e alla popolazione in genere in relazione alle esposizioni solari UV quando si rimane all’aperto.
Per quanto riguarda il riconoscimento quale malattia professionale delle malattie causate da radiazione solare nelle “Nuove tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura” è stata inserita un’apposita voce che comprende cheratosi attiniche, epiteliomi cutanei delle sedi foto esposte e altre malattie causate da esposizione professionale a radiazione solare.
Come proteggersi e prevenire il rischio di malattia? Prima di tutto bisogna evitare il più possibile l’esposizione alle radiazione:
- Adoperando sistemi di foto-protezione ambientale con la funzione di schermatura (tende ombreggianti, ombrelloni, coperture, ecc.);
- sfruttando le zone di ombra presenti nel luogo di lavoro e predisponendo una zona ombreggiata dove effettuare pause di riposo;
- evitando di lavorare nelle ore di massima irradiazione;
- una funzione importante la rivestono anche le creme protettive e l’abbigliamento: utilizzare sempre creme con filtro solare e indossare abiti leggeri e larghi; indispensabile utilizzare un capello e proteggere gli occhi con occhiali da sole.
Il datore di lavoro, responsabile della salute sicurezza dei suoi lavoratori, dovrà quindi valutare anche questo nella valutazione dei rischi e adoperare le misure di prevenzione e protezione relative, organizzando il lavoro in modo tale da ridurre al minimo il rischio, fornendo ai lavoratori una formazione adeguata e dotando i lavoratori dei relativi dispositivi di protezione individuale laddove necessari.
Per approfondire: ISPESL – Opuscoli – La radiazione solare ultravioletta: un rischio per i lavoratori all’aperto.