GINEVRA – Investire nell’occupazione di qualità soluzione contro la crisi. I paesi che a partire dal 2000 si sono impegnati nella creazione di solidi posti di lavoro dal 2007 hanno registrato una crescita superiore di circa l’1% rispetto a quella di altre economie emergenti o in via di sviluppo.
Questo quanto rilevato nel secondo rapporto Ilo World of work 2014: Developing with Jobs (Il lavoro nel mondo 2014: l’occupazione al centro dello sviluppo), analisi di 140 Paesi in via di sviluppo ed emergenti e sulle politiche utilizzate per investire nella qualità del lavoro, ridurre forme di occupazione più vulnerabili, ridurre la disuguaglianza dei redditi.
“Lo sviluppo non è solo il risultato di fattori come l’export, il libero scambio e gli investimenti diretti stranieri” – ha dichiarato Guy Ryder, direttore generale Ilo – “Anche la protezione sociale, il rispetto delle norme fondamentali del lavoro e politiche che promuovono l’occupazione formale sono fattori decisivi per creare un’occupazione di qualità che migliori il livello di vita, incrementi il consumo interno e dia un impulso alla crescita globale. Le opportunità di lavoro dignitoso per le donne e gli uomini aiutano lo sviluppo e riducono la povertà”.
Senegal, Perù, Vietnam alcuni dei Paesi in cui l’aumento dei lavoratori salariati ha fatto registrare un netto calo dei livelli di povertà e un costante aumento della produttività. Il rapporto evidenzia quindi l’importanza di:
- investire in misure di protezione sociale;
- potenziare la produttività dell’agricoltura;
- investire i proventi del petrolio e di altre risorse naturali nel resto dell’economia;
- favorire, anche con misure di semplificazione, la creazione e sviluppo di impresa.
“Visti i risultati” – ha commenta ancora Guy Ryder – “è essenziale porre il lavoro dignitoso al centro degli obiettivi dell’agenda di sviluppo Post-2015. Nel prossimo decennio, i paesi in via di sviluppo dovranno creare circa 40 milioni di nuovi posti di lavoro ogni anno per poter far fronte ad una popolazione in età da lavoro sempre più numerosa”.
La disoccupazione mondiale nel 2013 si è attestata a quota 200 milioni e si stima che nel 2019 la cifra raggiungerà i 213 milioni ma, a livello percentuale, si prevede che la quota di persone senza lavoro si manterrà nella cifra attuale del 6% fino al 2017. Nel 2014 saranno stazionari i tassi di disoccupazione più elevati: Nord Africa (12,3%) e Medio Oriente, 11,1%. Un significativo aumento è previsto invece per l’Europa centrale e del Sud-Est e i per i paesi dell’ex Unione Sovietica, dove la disoccupazione raggiungerà l’8,3% nel 2014.
Nei prossimi cinque anni, il 90% dei posti di lavoro sarà creato nei Paesi emergenti e in via di sviluppo, processo che impatterà significativamente sull’andamento dei flussi migratori.
“Già da adesso” – ha affermato Moazam Mahmood, vice direttore del Dipartimento di ricerca dell’Ilo – “possiamo vedere come la migrazione Sud-Sud sia in crescita e molti lavoratori stanno lasciando le economie avanzate, in particolare i paesi europei gravemente colpiti dalla crisi, in cerca di opportunità di lavoro nei paesi in via di sviluppo”. “Abbiamo notato l’esistenza di due fenomeni molto diversi che vanno di pari passo. Molti Paesi in via di sviluppo, in particolare in America Latina e Asia, stanno compiendo enormi sforzi per affrontare le diseguaglianze e migliorare la qualità dell’occupazione e della protezione sociale. Al contrario, numerose economie avanzate, in particolare in Europa, sembra stiano andando nella direzione opposta”.
Per approfondire: Il lavoro nel mondo 2014.