MILANO – La violenza sulle donne è un’emergenza sociale. Sono state 124 le donne uccise nel 2012 in Italia e più di 30 le vittime di femminicidio solo nei primi mesi del 2013; 13.137 le richieste di aiuto pervenute ai centri antiviolenza nel solo 2011.
Per far fronte a questo fenomeno l’Università Bicocca di Milano ha siglato un accordo con la fondazione mondiale EDV Global foundation for the elimination of domestic violence, per avviare in Italia ricerche, contribuire ad accrescere consapevolezza pubblica, coinvolgere istituzioni e parti interessate per la promozione di una legge organica sulla violenza sessuale e domestica, in accordo con le convenzioni internazionali (Convenzione di Istanbul).
Promuovere la lotta alla violenza sulle donne quindi e importare in Italia il metodo Scotland, una strategia di coordinamento tra istituzioni e forze sociali che nel Regno Unito ha dato grandi risultati.
La piaga della violenza sulle donne si ripercuote anche nel mondo del lavoro. “Purtroppo l’Italia è uno dei paesi con il minor numero di statistiche su tale fenomeno” – ha dichiarato Antonella Ninci presidente del Comitato per le pari opportunità dell’Inail – È tuttavia un dato di fatto, verificabile anche attraverso la casistica degli infortuni sul lavoro indennizzati dall’Inail, l’aumento dei casi di violenza fisica diretti verso le donne”.
“L’assenteismo, l’aumento del ricambio del personale, prestazioni lavorative e produttività inferiori, immagine pubblica negativa, spese per eventuali cause, multe o spese di liquidazione elevate, e aumento dei premi assicurativi. Per i lavoratori può comportare stress elevato, perdita motivazionale, aumento di incidenti, disabilità e persino la morte”.
“Le potenziali conseguenze sulla salute, sul benessere e sui sistemi di sicurezza sociale” – prosegue Ninci – “possono invece essere evitate attraverso la promozione della gestione integrata di politiche di sicurezza e salute sul lavoro, che tengano conto della prospettiva di genere, e di una cultura della prevenzione sul lavoro”.
L’adozione del metodo Scotland ha portato in Inghilterra risultati eclatanti: dopo cinque anni di applicazione del metodo il costo del mancato lavoro delle donne nel Regno Unito è stato ridotto del 61%. A Londra nello stesso periodo di cinque anni (2004-10) le morti a causa di violenza domestica sono diminuite da 49 a 5.
Il metodo Scotland si basa su due parole chiave, coordinamento e partnership, perché un problema tanto complesso può essere risolto solo grazie all’apporto di tutte i soggetti coinvolti: governo, aziende, istituzioni, organizzazioni filantropiche, che devono collaborare per:
- “ridurre il numero degli omicidi legati alla violenza domestica;
- ridurre la violenza domestica, soprattutto nelle zone e nelle comunità con più alta incidenza;
- incentivare le denunce dei casi di violenza domestica;
- aumentare il numero dei casi di violenza domestica portati in giudizio;
- assicurare alle vittime di violenza domestica protezione adeguata e sostegno su tutto il territorio nazionale.”
Per ottenere tali scopi, è necessario che siano istituiti gruppi di intervento in grado di valutare i rischi per la vittima, e servizi di supporto alla vittima subito dopo la denuncia. Fondamentale è anche il coinvolgimento dei datori di lavoro nella protezione e reintegrazione al lavoro delle dipendenti abusate.
“Il nostro ordinamento risulta ancora privo di una strategia globale di prevenzione e contrasto” – conclude il presidente del Comitato per le Pari opportunità Inail, Antonella Ninci – “Ma affinché si possa dire di aver predisposto un piano di azione efficace occorre che si proceda velocemente all’adozione di norme ad hoc che consentirebbero oggi al Paese di adeguarsi alle numerose raccomandazioni del Parlamento europeo”.
Per approfondire:
violenza sulle donne articolo Inail
accordo Bicocca e EDV GF