ROMA – Recentemente pubblicato e reso disponibile online il Quarto Rapporto del ReNaM Registro Nazionale dei Mesoteliomi.
Il ReNaM, istituito presso l’INAIL Ricerca – Dipartimento Medicina del Lavoro è la struttura alla quale, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 308/2002 è stata affidata la sorveglianza epidemiologica dei casi di mesotelioma. Il Registro si configura come un network e si articola in Centri Operativi Regionali, COR, ad oggi attivi presso ogni Regione (con la sola eccezione del Molise e della Provincia Autonoma di Bolzano), che hanno la funzione di identificare tutti i casi di mesotelioma incidenti nel territorio e di ricostruirne le modalità di esposizione ad amianto attraverso l’analisi individuale della storia professionale, residenziale e ambientale dei soggetti ammalati.
Sono 15.845 i casi di mesotelioma maligno rilevati dalla rete dei COR del ReNaM nel periodo 1993-2008.
Analizzndo i dati del Quarto Rapporto una prima distinzione va operata sulla specifica caratterizzazione della malattia che nella grande maggioranza dei casi, il 93%, insorge a nella pleura ma che colpisce il peritoneo (6,4% dei casi), e può colpire anche il pericardio (41 casi) e la tunica vaginale del testicolo (51 casi).
L’età media alla diagnosi è di 69,2 anni senza differenze considerevoli di genere (70,1 anni nelle donne e 68,8 negli uomini).
Per quanto riguarda la malattia è rara fino a 45 anni (solo il 2,3% del totale dei casi registrati) e viene diagnosticata tra i 45 e i 55 anni nel 9,4% del casi. Il 71,6% dei 15.845 casi archiviati è di genere maschile.
Sono 12.065 (il 76,1% del totale) i casi per cui è stato possibile approfondire le modalità di esposizione: il 69,3% presenta un’esposizione professionale ad amianto (certa, probabile, o possibile), il 4,4% familiare, il 4,3% ambientale, l’1,6% per un’attività extralavorativa di svago o hobby.
Le modalità di ricostruzione dell’esposizione sono avvenute quasi sempre tramite un’intervista diretta al soggetto o ai familiari (o conviventi) del soggetto e per il 3,6% dei casi sulla base del solo materiale documentale.
I casi con esposizione “familiare”, sono quelli in cui il malato è entrato a contatto con la fibra a causa di un componente della famiglia : il genitore, il coniuge/convivente o il figlio/figlia. Questa modalità è presente per i due terzi dei casi in Piemonte, Veneto e Liguria a causa della presenza in sito di ambienti di lavoro contaminati (cantieri navali e industria del cemento-amianto) ma anche a causa di familiari impiegati nell’edilizia.
Gran parte dei casi con esposizione di tipo ambientale è dovuta all’industria del cemento amianto. Si conferma la rilevanza delle situazioni di contaminazione ambientale di Casale Monferrato, Bari e Broni: più del 70% dei casi “ambientali” era residente al momento della diagnosi in Piemonte, Puglia o Lombardia.
L’esposizione ad amianto attribuita ad attività di svago o hobby ha cause specifiche in lavori di muratura effettuati in casa, nell’uso di attrezzi domestici o di manufatti contenenti amianto.
Per quanto riguarda l’esposizione per motivi professionali, considerando l’intero periodo di osservazione (1993-2008) i settori di attività maggiormente colpiti sono l’edilizia (1.798 occasioni di esposizione, pari al 15,2% del totale della casistica), l’industria pesante, ed in particolare la metalmeccanica (7,7%), i cantieri navali (7,5%), l’industria tessile (6,9%), le attività di fabbricazione di prodotti in metallo (5,8%), la metallurgia (4,3%) e; il settore della difesa militare (4 %) la costruzione e riparazione di rotabili ferroviari (3,4%) l’industria di produzione del cemento-amianto (381 occasioni di esposizione, pari al 3,2%).
Queste cause coprono quasi il 60% circa dei casi registrati negli archivi del Registro Nazionale mentre risulta fortemente frazionato il quadro dei restanti casi in cui l’esposizione ad amianto è avvenuta per la presenza del materiale nel luogo di lavoro e non per uso diretto, per esempio nei settori dei trasporti terrestri e marittimi e della movimentazione merci nei porti, oppure per la presenza di materiale di coibentazione in amianto nei luoghi di lavoro (industrie alimentari, industria chimica e delle materie plastiche, nella produzione del vetro, della carta, della gomma, nell’estrazione e nelle raffinerie di petrolio e nella produzione di energia elettrica e gas).
Una quota rilevante di occasioni di esposizione (483, pari al 4,1% del totale) sono da attribuirsi al settore della produzione, riparazione e manutenzione di autoveicoli e motoveicoli, a causa della presenza di amianto nei freni.
Una casistica di un certo rilievo comprende infine persone esposte inconsapevolmente per la presenza non nota di amianto o prodotti in amianto in luoghi di lavoro spesso aperti al pubblico: Pubblica Amministrazione (1%), sanità (1,8%), banche, poste e assicurazioni (0,4%), istruzione (0,4%), alberghi, bar e ristoranti (0,5%).
Dat il lungo periodo di latenza della malattia e la grande quantità di amianto prodotta e ancora in circolazione nel nostro Paese l’attività del ReNaM è di capitale importanza per determinare l’emersione e individuazione di tutta la casistica, analizzare la sua evoluzione nel tempo e individuare quali siano tuttora le possibili occasioni di esposizione ad amianto.
Ulteriore obiettivo del Registro è contribuire al dibattito scientifico globale sulla messa a bando della fibra killer che, nonostante le evidenze mediche della sua pericolosità, è tuttora ampiamente utilizzato nei paesi a più basso reddito e in forte sviluppo.
Per approfondire: Quarto rapporto ReNaM
Leggi anche: 22-24 novembre, II Conferenza Governativa Amianto.