RAVENNA –Una cerimonia e un convegno a Ravenna nei giorni scorsi per ricordare le tredici vittime della tragedia del Mecnavi. Ventiquattro anni fa, la mattina del 13 marzo, 13 giovani operai morivano soffocati nella stiva della “Elisabetta Montanari”, una nave adibita al trasporto di gpl, ospitata nei Cantieri Mecnavi per l’esecuzione di lavori di manutenzione.
Era il 1987, né la legge 626 né il T.U. 81/2008 erano stati emanati e quegli operai lavoravano in condizioni subumane. A posteriori una tragedia in quella situazione era la conseguenza inevitabile della completa mancanza di precauzioni con cui quel lavoro era stato organizzato.
Era necessario operare la sostituzione di un doppio fondo della stiva della nave destinata al trasporto del gpl e quest’operazione implicava la rimozione dalle lamiere dei fondi di liquame catramosi e la loro sostituzione. Quella mattina erano al’opera nella stiva diciotto operai, di sei squadre diverse, senza nessuna formazione e reciproco coordinamento.
I dodici operai che lavoravano alla rimozione dei residui catramosi erano sottoposti a condizioni di lavoro talmente difficili che nell’omelia funebre l’arcivescovo di Ravenna proferì per loro parole durissime: erano costretti a fare un lavoro da topi, un lavoro che nessun genitore avrebbe permesso a suo figlio di fare, costretti a strisciare in cunicoli senza aria, al buio, a raschiar via sostanze tossiche.
Le operazioni di pulizia e di rimozione delle lamiere avvenivano contemporaneamente: nessuno aveva valutato il rischio e l’incompatibilità delle due azioni e il pericolo evidente di usare fiamma ossidrica per tagliare la lamiera in un ambiente completamente ricoperto da materiale altamente infiammabile. E, come era prevedibile, è andata proprio così. Un operaio che stava tagliando la lamiera ha provocato un inizio di incendio che non è stato possibile fermare e che, provocando esalazioni altamente tossiche, ha ucciso gli operai in breve tempo. Non erano previste vie di fuga per i lavoratori che sono morti intrappolati.
Le dinamiche di questo incidente colpiscono ancora per la gravità e per la concomitanza di fattori di rischio che oggi consideriamo altissimi a fronte di nessuna tutela. Si trattava di un lavoro di manutenzione svolto in ambiente confinato e in regime di subappalto. E’ stata la più grande tragedia sul lavoro dal dopoguerra.
La situazione oggi è diversa ma moltissimo c’è ancora da fare: si muore ancora di lavoro e questo è inaccettabile. Tuttavia non si possono negare i cambiamenti, la promulgazione di leggi, prima la 626 e poi il T.U. 81/2008 che mettono la sicurezza dei lavoratori al primo posto; e gli sforzi che si fanno per diffondere la cultura della sicurezza e dare piena attuazione a quanto stabilito a livello giuridico.
Per questo al momento commemorativo l’amministrazione ravennate ha voluto far seguire un momento informativo e di discussione per ribadire l’impegno di tutti, enti pubblici, imprese e parti sociali per garantire condizioni sicure per chi lavora nel porto. E’ infatti recente la firma di un protocollo di intesa che vede prefettura, sindacati, amministrazioni, Ausl e Confindustria uniti per garantire condizioni di lavoro sempre più sicure.
Il convegno “Lavoro e sicurezza – un impegno per tutti: il protocollo appalti pubblici e privati, il protocollo sicurezza nel porto”, promosso dai sindacati CGIL-CISL-UIL è stata una importante occasione per ribadire l’importanza della tenacia nel perseguire gli obiettivi, della necessità di aver regole chiare e condivise, di investire in progetti formativi che possano diffondere la cultura della sicurezza e rafforzando la consapevolezza della prevenzione per la sicurezza quale investimento per il benessere dei lavoratori e delle aziende.