ROMA – Whp-Workplace health promotion (la promozione della salute nei luoghi di lavoro): cos’è e quali sono i vantaggi che garantisce. Questo l’argomento del dossier segnalato da Epicentro Iss e pubblicato da Azioni Quotidiane, progetto di comunicazione del Ministero della Salute, Ccm, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Toscana, Marche, Campania, Puglia, in partnership con Oms.
Tra le minacce alla salute dei lavoratori da segnalare è la sedentarietà. L’espansione del settore dei servizi ha ingigantito questo problema negli ultimi 50 anni, tanto che ormai la sedentarietà sé riconosciuta come un fattore di rischio. È nei luoghi di lavoro, quindi, che diventa strategico intervenire per prevenire disagi e costi (sia per le aziende sia sociali) applicando soluzioni diversificate per incentivare l’attività fisica a favore sia del benessere individuale che della produttività lavorativa.
Modelli di welfare. Il modello di welfare statunitense incentiva le aziende private a farsi carico della salute dei propri dipendenti. In un sistema in cui il sistema sanitario si regge sulle assicurazioni private, avere dei dipendenti in salute comporta un abbassamento dei premi per le polizze assicurative stipulate e il vantaggio per le aziende è immediato. In Europa, dove il modello del welfare è in gran parte pubblico, il mondo imprenditoriale è meno incentivato a percorrere di propria iniziativa strade che portino a un miglioramento del benessere e dello stato di salute dei lavoratori, anche se la diminuzione di assenze per malattia e la maggiore efficienza e motivazione costituiscono comunque un valido stimolo.
Dai primi studi ad oggi. Nella storia della medicina fu un italiano a studiare per primo gli effetti negativi della sedentarietà sul luogo di lavoro. Bernardo Ramazzini, che già nel 1713 raccomandava di fare del moto nel fine settimana a chi svolgeva le attività di calzoleria e sartoria. La prima accurata indagine sull’argomento, pubblicata sull’American journal of Preventive Medicine, è una metanalisi del 2009 che ha avuto come oggetto 138 studi effettuati tra il 1969 ed il 2007. I dati, che hanno coperto un campione di circa 38 mila persone, attraverso parametri medici hanno evidenziato numerosi benefici derivanti dalla promozione dell’attività fisica sul luogo di lavoro: riduzione del rapporto tra colesterolo totale e colesterolo Hdl, della glicemia a digiuno e del rischio di diabete. Infine è del 2009 il report Oms Intervention on diet and physical activity: what works in cui si esaminano i benefici di misure quali la modifica dell’ambiente di lavoro (ad esempio l’introduzione di palestre) e la promozione di abitudini più dinamiche (preferire le scale all’ascensore). Il report riscontra cambiamenti positivi sia in ambito sociale, sia psicosociale, sia fisico.
Cosa succede in Italia. Il Sistema Nazionale Linee Guida ha pubblicato nel 2011 un documento dal titolo Lotta alla sedentarietà e promozione dell’attività fisica che, rivolgendosi esplicitamente ad aziende, sindacati e lavoratori, indica una serie di misure da adottare in ambito lavorativo. Si va dall’idea di creare gruppi di cammino all’adozione di politiche di flessibilità per incentivare i lavoratori a fare attività motoria (camminare e usare la bicicletta stabilendo delle distanze come obiettivi aziendali), o all’attenzione a un’alimentazione sana presso i servizi di ristorazione e mensa o alla messa a disposizione dei dipendenti di strutture sportive (anche tramite convenzioni). È recente il manuale Esperienze e strumenti per la promozione dell’attività fisica nei luoghi di lavoro, pubblicato dal Centro di documentazione per la promozione della salute della Regione Piemonte, che propone un excursus sulle esperienze delle aziende sanitarie piemontesi, ponendone in risalto punti di forza e debolezze.
Per approfondire: attività fisica lavoro dossier.