CAGLIARI – La Fiom – la Federazione dei metallurgici interna alla CGIL – non potrà costituirsi parte civile, come invece aveva chiesto, nel processo in corso sulla morte di 3 lavoratori avvenuta allo stabilimento Saras di Sarroch, in Sardegna, il 26 maggio del 2009. A dare risposta negativa è stato proprio oggi il giudice per l’udienza preliminare (Gip), Giorgio Altieri. Il motivo, secondo il magistrato, sarebbe legato alla non competenza per settore lavorativo della Fiom. Nella motivazione si legge, infatti, che lo stabilimento Saras è da considerare appartenente al settore petrolifero, e non a quello metallurgico, di cui per definizione si occupa la Fiom.
Stando a questa motivazione, dunque, avrebbe potuto costituirsi parte civile nel processo non la federazione dei metalmeccanici ma la Filcem Cgil, la federazione che si occupa di chimica, energia e manifatture. Comunicando tale decisione il giudice ha anche aggiornato l’udienza al prossimo 10 marzo.
Attualmente sono indagati per la morte dei tre operi cinque persone con l’accusa di omicidio colposo. Uno di questi è il direttore generale della Saras Dario Scafardi, c’è poi Antioco Mario Gregu direttore delle operazioni industriali, il direttore della raffineria Guido Grosso, e ancora Antonello Attori responsabile della specifica area in cui morirono gli operai e infine Francesco Ledda, il rappresentante della Comesa, la ditta per la quale lavoravano i tre operai – Luigi Solinas, di 27 anni, Daniele Melis di 29 e Bruno Muntoni, di 58 – morti per asfissia durante i lavori di manutenzione ad una cisterna.
Non è l’unico ‘colpo di scena’ nell’ambito del processo avvenuto in questi giorni. Infatti, altre potenziali ‘parti civili’ avevano rinunciato al loro possibile ruolo. Si tratta dei familiari delle vittime: gli avvocati delle parti hanno infatti raggiunto un accordo economico secondo il quale, in cambio di un indennizzo versato dalla Saras ai superstiti, questi rinunceranno a costituirsi parti civili.
I genitori e i figli riceveranno ciascuno 300 mila euro mentre i fratelli 130 mila, per un totale di indennizzi a carico dell’azienda di circa 5 milioni di euro.
Quotidiano Sicurezzza si era già occupato della vicenda in questo articolo.