ROMA – Il Tar del Lazio con la sentenza 35208 del 2 dicembre 2010 ha stabilito che non può essere accolta la domanda di risarcimento per danni da stress causati da un’eccessiva esposizione al videoterminale.
Il ricorso era stato presentato da un numeroso gruppo di dipendenti appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria che hanno denunciato di svolgere mansioni di lavoro che li esponevano per più di quattro ore consecutive al giorno al videoterminale, per almeno venti giorni al mese, con computer sprovvisti di schermo antiriflesso.
Per questa ragione i dipendenti hanno richiesto l’indennità meccanografica e il diritto ai danni da stress “per manifesta violazione da parte dell’Amministrazione del principio di precauzione”.
Il Tar ha accolto la domanda per quanto riguarda l’indennità meccanografica ma ha respinto il ricorso per i danni da stress così come cita la sentenza:
«Non può invece essere accolta la pretesa al risarcimento del danno alla salute, derivante dallo stress di espletare la propria attività lavorativa tutti i giorni usando i computers per più di 4 ore al giorno, in posizioni posturali e di luminosità precarie, pure richiesto dai ricorrenti, a causa della carenza di dimostrazione del pregiudizio subito (Cassazione Civile, sezione lavoro, 20 maggio 2010, n. 12351) ed in assenza anche di un qualsiasi principio di prova, come da costante giurisprudenza civilistica in materia di danno biologico.(Cassazione, sezione III, 10 dicembre 2009, n. 25820).»
I dipendenti avevano prodotto in allegato ala memoria difensiva un notevole corpus di studi sul fenomeno:
- la Circolare del Ministero del Tesoro in data 16 novembre 1989, n. 11 recante “Problemi di sicurezza ed igiene del lavoro per il personale adibito all’uso di video terminali. Criteri di Valutazione dei filtri protettivi per video terminali.”;
- una ricerca svolta presso le strutture dell’ISPESL di Monte Porzio Catone nel periodo 1995 – 1996 avente per oggetto “Valutazione dell’affaticamento fisico, neurosensoriale, psichico e mentale in addetti a VDT, con carichi di lavoro standard e operanti in ambiente a diverse condizioni microclimatiche, di illuminazione, di rumore controllato”;
- un opuscolo INAIL intitolato “il medico competente e gli addetti ai videoterminali” contenente una raccolta di norme, circolari e studi sulle conseguenze dell’esposizione a VDT.
Il tribunale ha però ritenuto che suddetti testi non sono sufficienti a provare il danno che ciascun ricorrente possa avere tratto dalla adibizione a videoterminali e PC, dal momento che la letteratura in oggetto affronta la problematica in generale. Secondo i principi civilistici in materia la prova del danno passa per la dimostrazione anzitutto dell’evento causativo, del nesso di causa e dell’elemento soggettivo presente in chi tale danno avrebbe prodotto.
Poiché allo stato nessuno di questi elementi appare sufficientemente dimostrato, la domanda di ricorso è stata quindi rigettata.
Sentenza Tar Lazio n. 35028/2010