TORINO – E’ il 1976, quando i delegati di tutte le fabbriche del gruppo Eternit, partecipano ad un seminario a Neuss, in Germania, nel corso del quale vengono esplicate le ultime scoperte mediche relative alla quantita’ e gravita’ delle patologie indotte dal contatto con l’amianto.
Questo quanto hanno rilevato i pm che sostengono l’accusa, Sara Panelli, Gianfranco Colace e Raffaele Guariniello, nell’udienza sul caso Eternit tenutasi nelle scorse settimane a Torino: “I dirigenti Eternit erano a conoscenza della pericolosita’ dell’amianto”
Essi hanno evidenziato come molti tra i dirigenti presenti al convegno rimasero sconvolti da quanto appreso. Tra essi Otmar Wey, direttore tecnico del gruppo Eternit, testimone per conto della difesa.
L’alto dirigente ha sostenuto durante il processo che per lui stesso la notizia fu cosi’ sconvolgente che addirittura smise di fumare. “Nel 1972 avevo fatto una relazione in cui parlavo della pericolosità delle polveri d’amianto, anche se non avevo le informazioni, che ricevetti solo nel 1976. Quel seminario di Neuss mi permise di imparare quanto fossero importanti le misure che stavamo prendendo”. Questo quanto dichiarato da Wey.
Secondo l’accusa, alla Eternit era dunque noto da tempo quanto il contatto con l’amianto potesse aumentare il rischio di mesotelioma, e che le precauzioni adottate dalla multinazionale, per proteggere i suoi lavoratori da questa patologia, non fossero comunque sufficienti.
Per la difesa, al contrario, la Eternit adotto’ tutte le misure preventive possibili per proteggere i suoi dipendenti. L’avvocato Cesare Zaccone ha asserito che gia’ nei primi anni Settanta, quando venne ad essere controllata dal gruppo svizzero, la multinazionale si attivo’ in questo senso.
Tra i testimoni presenti in aula anche Emanuel Arni, che dal 1982 al 1988 fu amminsitratore delegato di Everite, divisione Eternit in Sudafrica. Nella sua dichiarazione Arni ha specificato che durante un vertice svizzero, dedicato per l’appunto alla pericolosita’ dell’amianto, gli venne ordinato di portare il livello d’igiene degli stabilimenti in Sudafrica al pari di quello presente nei paesi del Primo Mondo, di diversificare la produzione e di cercare di sostituire alle fibre di amianto, altri materiali.