ROMA – È bastato un giorno perché la primavera del mondo del lavoro si tingesse di rosso sangue e del colore nero del lutto. Solo nel secondo giorno della nuova stagione, il 22 marzo, i morti sul lavoro sono stati cinque, più della statistica media, già agghiacciante, che parla di 4 morti ogni 24 ore. E non sono mancati nemmeno i feriti, uno dei quali attualmente lotta per sopravvivere. Alla fine dell’anno saranno numeri per le statistiche, ma è guardando alle loro storie che se ne può sentire tutto il peso. Sono storie di uomini usciti di casa per avere un futuro, per loro e per la propria famiglia, e che non faranno ritorno, che non avranno nessun domani. Oppure persone che, per tutto il resto della loro esistenza, porteranno impressi nel corpo e nelle mente quello che è accaduto in un istante e che non sarebbe mai dovuto succedere. Andiamo dunque ai fatti, cominciando dai morti del tragico 22 marzo.
Raffaele Bianchi aveva 32 anni, giovane ma già titolare di una sua piccola impresa edile a Cesena. Alle 7 e 20 di martedì mattina stava già lavorando a quella che doveva essere, nell’immediato futuro, la casa per vivere con la moglie e il figlio piccolo: per lui però ‘futuro’ ormai è una parola vuota. Una caduta da 9 metri di altezza gli è stata fatale, è precipitato insieme ai pannelli che stava sistemando, ha battuto la testa sull’asfalto ed è anche stato schiacciato dal materiale edile. A nulla è valso l’arrivo del 118. Poco dopo la sua morte, la mattina stessa, l’Osservatorio Vega Engineering sulla sicurezza sul lavoro ha pubblicato il suo ultimo rapporto e questa morte suona come la conferma che rende vive quelle statistiche, altrimenti un po’ fredde. Raffaele aveva la stessa età del 19, 5 per cento delle vittime del lavoro, era un edile, come il 18 per cento delle vittime, ed è caduto dall’alto, come nel 24 per cento dei morti sul lavoro. Non è stato, insomma, uno di quegli incidenti strani e rarissimi che sono tanto difficili da prevedere. E’ stato il primo morto del 22 marzo, ma non è stato il solo. Poco dopo di lui sono deceduti altri lavoratori.
Dante Clementi, 54 anni. Lavorava a Fermo, nelle marche, mentre martedì era sul posto di lavoro è stato travolto da un terrapieno.
Gennaro Franchini, 64 anni, stava installando una tenda nel balcone di una casa in provincia di Bari, è caduto per due piani, anche lui è morto.
Il quarto morto della giornata, si è avuto in Toscana, a Cerreto Guidi in provincia di Firenze. L’incidente mortale non è accaduto nel settore edile, ma la dinamica è del tutto simile a quella che più spesso coinvolge questa categoria. L’uomo, 60 anni, proprietario di un maglificio, era sul tetto per dei controlli, è precipitato anche lui ed è morto, come Gennaro a Bari, come Raffale e a Cesena. Sembra, dalle prime ricostruzioni, che il lucernaio sul quale si trovava l’uomo abbia ceduto facendolo cadere da un’altezza di oltre 6 metri.
Il quinto morto registrato il 22 marzo è stato Ivan Lilliu, 35 anni, sardo, della regione dell’Ogliastra. Ivan aveva perso il lavoro durante la crisi e nemmeno un anno fa era emigrato a Cuneo: dopo un corso di formazione aveva cominciato a lavorare nei cantieri autostradali. Tornava dalla moglie e dai figli di 7 e 12 anni una volta al mese; alla fine di marzo però non tornerà per passare qualche giorno con loro. Ivan è morto mentre stava sistemando il nuovo asfalto su un tratto dell’autostrada fra Cuneo e Asti. Ed è lì che è morto martedì pomeriggio, travolto da una autobetoniera guidata da un collega che in una manovra non ha visto l’operaio al lavoro. Anche qui ci sono indagini in corso, l’autista è indagato per omicidio colposo; sottoposto ai test tossicologici è risultato negativo.
Finiti i caduti si contano però anche i feriti. Certamente ce ne sono stati decine in tutta Italia, ma solo i fatti più gravi balzano velocemente alla cronaca; eccone alcuni.
Giancarlo Paola, ha 36 anni, origini calabresi e un lavoro in una ditta specializzata nella manutenzione dei campi da tennis. Stava facendo il suo lavoro martedì mattina, passava una macchina fresatrice sul campo dello Tennis Sporting Club di Casale Monferrato: un lavoro che avrebbe dovuto essere di routine ma che è finito in un grave infortunio. I pantaloni e poi il piede e la gamba dell’operaio sono finiti incastrati nelle lame L’uomo ha riportato molte fratture all’arto e anche profonde ferite, è stato necessario il ricovero al Cto di Torino e ora bisognerà verificare che non vi siano state gravi lesioni a livello di nervi e muscoli. Sul posto sono anche arrivati gli ispettori dello Spresal per controllare che tutte le misure di sicurezza fossero state rispettate.
U.G ha 51 anni, vive a Bodeno in provincia di Ferrare e lavora alla Basf di Pontevecchio Marconi, in provincia di Bologna, un’azienda molto nota, specializzata nel settore chimico. Martedì intorno alle 14 e 30 stava lavorando quando una fuoriuscita di vapore ad alta temperatura lo ha raggiunto procurandogli ustioni molto gravi all’addome e alle braccia, tanto che, dopo un primo ricovero all’Ospedale Maggiore di Bologna è stato necessario il trasferimento ai grandi ustionati di Cesena. Se, come si augura, il peggio passerà, per lui i segni rimarranno per sempre e anche la funzionalità degli arti potrebbe essere in parte compromessa. Anche qui, dopo l’incidente, sono arrivati Carabinieri ed esperti della Ausl. E poi l’incidente che al momento sembra aver avuto le conseguenze più gravi. E’ accaduto a Frascati, nel Lazio, in un cantiere di Grotte Portella. Anche in questo caso a rimanere gravemente ferito è stato un giovane, un operaio di 31 anni originario di Rieti. La causa, anche in questo caso, è stata lo schiacciamento. A colpire l’operaio è stato il braccio di una gru che stava scaricando dei ponteggi. Al momento l’uomo è ricoverato al policlinico Tor Vegata in gravi condizioni; a Frascati ci sono invece i Carabinieri che indagano sull’accaduto e hanno sequestrato il cantiere.
Basta guardare a questi dati di un triste inizio di primavera e confrontarli con quelli del rapporto di Vega Engineering: tutto torna. Anche se il settore in cui si registrano più vittime è l’agricoltura, l’edilizia è solo al secondo posto. Le cause più frequenti di morte sono la caduta di pesi o lo schiacciamento (26,5 per cento) – esattamente quello che ha provocato la morte di Dante Clementi a Fermo – seguita dalle cadute dall’alto (24 per cento) – che sono quelle che hanno ucciso in un solo giorno tre lavoratori, due dei quali edili. Seguono poi gli infortuni causati da ribaltamenti di veicoli (soprattutto in agricoltura) o comunque dal travolgimento da parte di questi.
Verrebbe legittimo domandarsi se il 22 marzo non sia stato un ‘caso’; uno di quei giorni neri che rappresentano, però, un’eccezione. Sarebbe bello poter dire che è così, che sul lavoro si muore solo ogni tanto, ma i fatti si apprestano a smentire l’idea. Il giorno dopo, infatti, 23 marzo, a Varallo Pombia, in provincia di Novara, c’è stato un altro incidente mortale, anche questa volta in un cantiere edile. La vittima, che si chiamava Pietro Mazzotti, aveva 62 anni e viveva a Cazzago San Martino, in provincia di Brescia: è caduto da 4 metri di altezza. Nessuno, stando alle ricostruzioni degli uomini della Spresal giunti sul posto, ha visto cosa effettivamente sia accaduto e perché l’uomo, di lunga esperienza, sia precipitato al suolo morendo sul colpo. Anche in questo caso il cantiere è stato sequestrato e verranno controllate le misure di sicurezza: controlli che, si spera, potranno essere utili per salvare altre vite. Si spera, ma ancora una volta la cronca è implacabile. Mentre quest’uomo moriva, infatti, un altro bresciano, un operaio che alle 22 stava lavorando in uno stabilimento a Quinzano d’Oglio, è rimasto intrappolato in un macchinario che gli ha schiacciato entrambe le braccia ed è stato liberato solo all’arrivo dei Vigili del fuoco. Ora si trova ricoverato all’Ospedale di Brescia dove i medici tenteranno di salvargli le braccia. Anche per lui in ogni caso i segni dell’accaduto rimarranno indelebili.