BARI – Anche le attività domestiche e di cura sono lavoro. Se una donna muore cadendo da una scala mentre fa le pulizie in casa propria, o mentre corre per prendersi cura di bambini e anziani, i suoi figli dovrebbero avere gli stessi aiuti di quelli di una donna che lavora fuori casa. Ma non è così, o non ovunque. Ad aver fatto un deciso passo avanti in questa direzione è stata la Regione Puglia che a fine anno ha firmato un protocollo con l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi sul lavoro, l’Anmil, e con Federcasalinghe, per permettere ai familiari di chi è morto sul lavoro, incluso quello domestico, di accedere ad uno specifico fondo.
Certo è prematuro parlare di parificazione tra lavoro domestico e lavoro esterno, ma certamente un primo passo su questa strada è stato fatto. Del riconoscimento del lavoro domestico si parlava da anni, ma l’idea non aveva ancora trovato una concreta applicazione. L’auspicio, fatto dal Presidente della Regione Nichi Vendola, è che la decisione della Puglia possa servire da esempio per altre regioni.
“Vogliamo essere l’inizio di una epidemia che contagia tutto il paese” ha detto Vendola ricordando anche che spesso gli incidenti domestici sono il frutto di un eccessivo carico di lavoro che grava, in genere, sulle spalle delle donne. Per molte, infatti, la giornata di lavoro dura molto più di otto ore, comincia quando è ora di preparare i bambini per la scuola e finisce, forse, quando questi vanno a letto e la casa è pulita, per altre le scadenze della giornata sono dettate dalla cura degli anziani, talvolta da tutte e due le cose insieme. È un lavoro molto stressante, per cui nessuno ancora fa una valutazione del rischio stress, l’ambiente di lavoro non sempre, o quasi mai, è a norma – basti pensare a quante case hanno impianti elettrici vecchi – e per un totale di ore che farebbe sobbalzare qualsiasi sindacato. Che almeno si ricominci a riconoscer loro dei diritti nel caso di incidenti mortali è il minimo che si possa fare, bisognerà poi vedere se altre regioni decideranno di seguire l’esempio.
La Puglia apre il fondo di solidarietà anche ai familiari delle casalinghe
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