ROMA – Morti bianche e lavoro nero, sembra un gioco di parole ma è la triste realtà del nostro Paese. Il dato è confermato da diverse ricerche. La valutazione più recente, ad esempio, è quella indicata dall’Osservatorio sulla Sicurezza sul lavoro Vega Engineering.
Al momento di tirare le somme è infatti emerso che, pur essendo quello delle morti e degli infortuni un problema diffuso ovunque, al Sud le cose vanno un po’ peggio: ci sono più decessi e soprattutto l’intreccio tra disoccupazione ed economia sommersa crea un mix esplosivo che fa aumentare i rischi.
L’economia sommersa, infatti, rappresenta una fetta di mercato di non poco conto e potrebbe crescere per effetto della crisi: in queste aziende sono occupati lavoratori che sfuggono spesso alle statistiche, eccetto che nei casi in cui si verifica un incidente mortale o gravissimo, più difficile da nascondere o mascherare rispetto ad un infortunio.
Secondo le stime – altro organo che ha effettuato un monitoraggio del problema – dell’Inail riferite al 2009 in Italia ci sarebbero circa 3 milioni di persone che lavorano al nero ed è del tutto probabile che con la crisi il numero sia ulteriormente cresciuto.
I settori da sempre più interessati sono l’edilizia e l’agricoltura, guarda caso proprio quelli che fanno registrate il più alto numero di incidenti mortali. E più la disoccupazione aumenta, come sta avvenendo nel nostro paese, più il lavoro nero si alimenta pescando da coloro che hanno perso il lavoro o che non riescono a trovarlo.
E per lavorare corrono, consapevolmente o meno, dei rischi superiori a quelli degli altri lavoratori.
Il caso del settore edile e di quello agricolo è emblematico: in edilizia nell’ultimo anno si sono registrate circa il 28 per cento delle vittime, mentre in agricoltura la percentuale sale addirittura al 36,4 per cento, più di un morte ogni tre. In questa classifica il Sud spicca per primati negativi, basti pensare che mettendo insieme Sicilia, Calabria e Puglia si possono contare ben 141 incidenti mortali su un totale di 484 decessi sul lavoro.
Ma non sono solo i morti, per fortuna, a dare la misura di quanto il lavoro nero sia diffuso in agricoltura ed edilizia: a dimostrarlo sono anche i numerosi controlli messi in campo nel corso del 2010 dal Ministero del Lavoro e dai vari organi di vigilanza. Da marzo a ottobre 2010, ad esempio, grazie al piano straordinario ministeriale per la vigilanza in agricoltura ed edilizia in 4 regioni ritenute particolarmente a rischio: la Sicilia, la Calabria, la Puglia e la Campania, sono stati fatti circa 19 mila accertamenti e i risultati hanno mostro un fenomeno di irregolarità molto diffuso. Nello specifico per quanto riguarda l’edilizia ben il 61 per cento delle aziende ha fatto rilevare irregolarità mentre la quota scendeva, si fa per dire, al 45 per cento nel settore agricolo: percentuali che sono comunque altissime e che spesso riguardano tanto la presenza di lavoratori in posizione non regolare quanto la mancata applicazione di necessarie ed obbligatorie misure di sicurezza.