ROMA - Con la sentenza numero 5075/2010 la IV sezione Penale della Corte di Cassazione si è così espressa:
1) sull’applicabilità della Direttiva Cantieri nel caso di montaggio di opere fisse, componenti di un impianto industriale purchè sia svolto per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile;
2) sull’obbligo di designazione del coordinatore dei lavori nel caso di presenza di più imprese all’interno dei cantieri temporanei o mobili.
Queste le conclusioni in sintesi cui sono giunti i Giudici della IV sezione penale della Corte di Cassazione, a seguito dell’iter giudiziario condotto dal responsabile dei lavori di un cantiere edile, ritenuto colpevole in I grado di cooperazione nel delitto colposo e di omicidio colposo (artt. 113 e 589 co.2 c.p.) e condannato ad un risarcimento danni pari ad euro 15.000,00 ed in seguito assolto in II grado di giudizio per non aver commesso il fatto, con conversione della multa in Euro 4.560,00, il tutto in virtù dell’incidente mortale occorso ad un operaio in un cantiere edile mentre era intento a sollevare un carico per il montaggio di parte di un impianto industriale, carico che gli è poi rovinato addosso.
L’imputato ha così proposto ricorso in Cassazione, articolandolo in due motivi principali:
1) All’epoca dell’infortunio vigeva il DLgs 494/1996 (poi modificato dal DLgs 528/1999 ed infine convertito nel DLgs 81/08 allegato I) per il quale il montaggio di impianti industriali non poteva essere equiparato ai lavori edili o di ingegneria civile
2) Ex art. 3 co.4 DLgs 494/1996 il responsabile dei lavori era tenuto alla nomina del coordinatore per l’esecuzione, quando nel cantiere era prevista la presenza di più imprese per poter così meglio gestire la presenza di rischi aggiuntivi; mentre nel caso di specie l’infortunio si era verificato all’atto della sigillatura degli induttori della vasca di zincatura, momento in cui nel cantiere operava solo la ditta alle cui dipendenze lavorava il “de cuius”.
I giudici della Corte di Cassazione, conformandosi al ragionamento già seguito dai giudici di merito, hanno rigettato il ricorso ritenendolo infondato.
In sentenza hanno così motivato la loro decisione: “il cit. D.L., articolo 2 è stato modificato dal successivo decreto legislativo n. 528 del 1999, ma tale modifica ha, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, ampliato l’ambito di applicazione, prevedendo nell’articolo 21 la modifica all’allegato 1 del decreto legislativo 494 del 1996, includendovi anche “gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile”.
Pertanto i lavori in corso quando si verificò il sinistro, che consistevano nella realizzazione di una vasca e nel montaggio di opere fisse di tipo metallico rientrano nella previsione della disposizione di cui sopra”.
Rispetto al secondo motivo di ricorso addotto al ricorrente, la Cassazione ha osservato che: “nel cantiere era in corso la prima manutenzione della struttura, antecedente alla sua consegna. Si procedeva quindi… in una situazione non protocollata quanto a modalità di intervento nella compresenza di più imprese, in un contesto quindi chiaramente pericoloso, in considerazione del disordine del cantiere in cui i lavoratori della ditta in azione in quel momento potevano facilmente reperire materiali residuati dalla lavorazione di altre imprese”.
Tanto che nella fattispecie in esame il lavoratore era rimasto infortunato a seguito della caduta del carico per la rottura della corda in fibre tessili artificiali già utilizzata in precedenza ed abbandonata in cantiere, con cui l’operaio era imbracato all’apparecchio di sollevamento.
Nel motivare la decisione la Corte di Cassazione ha proseguito sostenendo che: “E’ evidente pertanto che nella fattispecie di cui è causa, nel cantiere si registrava la convivenza di più imprese, anche se eventualmente non materialmente presenti al momento del fatto. Anzi le circostanze in cui si è verificato l‘infortunio erano particolarmente pericolose…Neppure può condividersi l’assunto del ricorrente secondo cui il (lavoratore)avrebbe posto in essere una condotta assolutamente imprevedibile, tale da costituire da sola la causa dell’incidente”.
Infine la Suprema Corte nel motivare l’infondatezza del ricorso ha specificato che: “ Se pure è ravvisabile un concorso di colpa della vittima, al lavoratore…è stato consentito di lavorare in assenza del coordinatore per l’esecuzione… sebbene sul piano della colpa specifica, a prescindere anche dalla applicazione del decreto legislativo n. 494 del 1996, il (tizio), nella sua qualità di responsabile dei lavori, fosse tenuto, ai sensi dell’articolo 2087 c.c., a preservare l’incolumità fisica del dipendente”.
In definitiva l’assenza del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione è stata valutata dai giudici quale elemento determinante l’infortunio mortale occorso all’operaio del cantiere edile, visto l’obbligo della nomina e designazione di tale figura, responsabile all’interno dei cantieri temporanei e mobili.