Nella premessa della circolare 4 luglio del min. del Lavoro si fa osservare come, durante l’attività di vigilanza da parte dei propri ispettori nel settore edile, si riscontra un frequentissimo utilizzo improprio di “sedicenti” lavoratori autonomi che “di fatto operano in cantiere inseriti nel ciclo produttivo delle imprese esecutrici dei lavori” e che svolgono sostanzialmente la medesima attività dei dipendenti di queste imprese. Il fenomeno è ben evidente se si valutano i dati ISTAT secondo i quali i lavoratori autonomi utilizzati in cantiere sono stati, nel 2011, 1 milione e 39 mila, un numero quindi superiore di oltre 50 mila rispetto a quello dei lavoratori subordinati (986.000).
Ecco perché, anche sulla base delle considerazioni contenute nel documento approvato dal “Gruppo edilizia” del Coordinamento tecnico in materia di salute e sicurezza delle Regioni, il Ministero ha deciso di fornire al proprio personale di vigilanza alcune indicazioni, che ha definito “istruzioni di carattere tecnico”, in materia di “verifica della genuinità delle prestazioni qualificate come autonome”.
Uno degli elementi significativi ai fini della verifica, che ritengo di approfondire più di ogni altro presente nella circolare del Ministero, è quello connesso “al possesso e alla disponibilità ” – da parte del soggetto su cui si esegue l’ispezione – “di una consistente dotazione strumentale, rappresentata da macchine e attrezzature, da cui sia possibile evincere una effettiva, piena ed autonoma capacità organizzativa e realizzativa delle intere opere da eseguire”. Cosicchè, gli ispettori per la verifica dovranno esaminare la documentazione da cui “risulti la proprietà, la disponibilità giuridica o comunque il possesso dell’attrezzatura necessaria per l’esecuzione dei lavori” e che la stessa proprietà “sia qualificabile come investimento in beni strumentali, economicamente rilevante ed apprezzabile, risultante dal registro dei beni ammortizzabili”. Si pensi quindi ai ponteggi, alle macchine edili, ai motocarri, agli escavatori, agli apparecchi di sollevamento e non quindi ai secchi, alle pale, ai picconi, ai martelli, alle carriole, alle funi che non possono dimostrare l’esistenza di un’autonoma attività del soggetto interessato dall’ispezione.
Ciò, prosegue la circolare ministeriale, è assolutamente in linea con il TU 81/08 (all. 17), che nella definizione di “idoneità tecnico-professionale” dei lavoratori autonomi fa esplicito riferimento, “alla disponibilità di macchine, di attrezzature e opere provvisionali la cui conformità deve essere peraltro opportunamente documentata”.
Nella circolare viene anche opportunamente richiamata la più recente giurisprudenza circa lo “status” di imprenditore autonomo che “può svolgere attività di natura subordinata nella misura in cui tale attività non finisca per essere prevalente rispetto a quella di tipo autonomo (es, la sentenza 3240/2010 Cass. Sez. Unite).
Info: Circolare 4 luglio (PDF).