Come passare da comportamenti apparenti a comportamenti effettivi per la sicurezza sul lavoro? Il gruppo Fiat in Italia Fiat S.p.A e Fiat Industrial, 88.000 lavoratori, ha risposto con una proposta di formazione che ha coinvolto figure diverse all’interno dei propri stabilimenti (Health & Safety First).
La filosofia del progetto è che un’organizzazione, che registra l’assenza di infortuni e condizioni di lavoro senza rischio per la salute di chi opera, è “un’organizzazione in grado di produrre beni e servizi con una qualità corrispondente alle attese del cliente, a costi competitivi e nelle quantità richieste dal mercato”.
Fra i vantaggi del progetto (*), una riduzione dei costi e dei rischi, il calo delle assenze dei dipendenti, una minore frequenza degli incidenti, un incremento della produttività e della qualità, un clima di lavoro più positivo, con lavoratori più sani, più motivati e con un maggior benessere.
Per ottenere questi risultati, si legge nel progetto, occorre “ascoltare e valorizzare le persone, creare fiducia, stimolare la segnalazione di rischi percepiti, permettere che i lavoratori mettano a disposizione il loro sapere (fare),migliorare la loro capacità di pre-vedere il rischio, stimolare l’apprendimento continuo e la condivisione delle conoscenze, creare una cultura profonda di sicurezza e salute in una Learning Organization”.
La vera sfida del progetto e la sua parte più complessa e difficile era quindi quella di intervenire sui comportamenti e sui valori profondi che li animano, con un coinvolgimento delle persone a livello razionale ed emotivo per vedere più la sicurezza:
- non come un mero adempimento, talvolta solo formale, ai requisiti di legge e alle regole aziendali;
- ma come una pregiudiziale necessaria al corretto funzionamento della vita produttiva delle fabbriche;
- e come un valore proprio di tutti coloro che vi lavorano.
La metodologia adottata nell’Health & Safety First puntava a superare la tradizionale scissione tra aspetti razionali e aspetti emotivi. Come? 1) utilizzando strumenti razionali e pragmatici, come il metodo PDCA (plan, do, check, act); 2) creando un team, la gestione del clima, l’utilizzo di modalità di comunicazione costruttiva e aperta, il lavorare con piacere e benessere personale (coinvolgimento sul piano emotivo).
Nel progetto si sono messi al centro dell’azione formativa e dei conseguenti miglioramenti in tema di sicurezza i lavoratori, considerati soggetti attivi e propositivi nelle diverse fasi del processo di problem solving:
- dalla segnalazione dei rischi, all’analisi;
- alla risoluzione dei problemi (ai lavoratori è stato chiesto di segnalare i problemi riscontrati aumentando il loro livello di attenzione e la loro capacità di vedere problemi nascosti, di offrire il proprio contributo nell’individuazione delle soluzioni, di partecipare attivare alla realizzazione della soluzione adottata – “caccia ai rischi” ).
Conseguenza, il ribaltamento della logica della sicurezza negli stabilimenti, da un approccio top-down dominato dalla gerarchia e dalle prescrizioni, a uno bottom-up con modalità di comunicazione più circolari, responsabilizzazione dei lavoratori, propositività dal basso.
L’apprezzamento del progetto è emerso dai questionari cui sono stato sottoposti i lavoratori (considerati “veri creatori del miglioramento”) e per i quali si sono così acquisiti maggiore attenzione (40%), maggior coinvolgimento (28%), maggior collaborazione (8%), maggiore responsabilità(6%).
(*) La “buona prassi” (fase pilota nel 2010-2011 e un’estensione nel 2011-2012) ha formato oggetto di validazione nella recente seduta della Commissione operante in seno al Ministero del lavoro.
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