1 ogni 19 minuti. Con questa frequenza si presentano in Italia i casi di morte (60 mila ogni anno) per arresto cardiaco improvviso. Per aggredire il fenomeno si ricorre, negli ospedali e nelle autoambulanze, anche al defibrillatore, uno strumento medico che è in grado di ristabilire una condizione cardiaca stazionaria attraverso l’applicazione di una scarica di corrente elettrica. Viene considerato utile ed efficace per combattere il fattore tempo in presenza di una situazione estremamente pericolosa, perchè è opinione diffusa che ogni minuto in più trascorso dall’evento che ha colpito il paziente, rappresenta il 10% in meno delle possibilità che lo stesso possa essere salvato.
La rilevanza, altamente sociale ed economica, del problema ha ispirato per almeno un decennio iniziative legislative e l’Italia è stata fra le prime a legiferare in merito all’uso dei defibrillatori semiautomatici (DAE)* al di fuori dell’ospedale.
Con la legge 120 del 3 aprile 2001 si è consentito l’uso dello strumento anche a personale non medico a patto che questo abbia ricevuto idonea formazione alla rianimazione cardiopolmonare (la pratica viene comunemente indicata con il termine di BLS-D e cioè Manovra salvavita mediante anche l’uso del defibrillatore).
Tuttavia, solo recentemente, un decreto del Ministero della salute pubblicato in Gazzetta lo scorso giugno, ha operato in termini pratici sulla materia, tant’è che:
- Da un lato, ha individuato i criteri e le modalità per favorire la diffusione dei defibrillatori semiautomatici esterni;
- dall’altro, ha stabilito che la diffusione graduale ma capillare dei defibrillatori semiautomatici esterni deve avvenire mediante una distribuzione tale da costituire una rete di defibrillatori che consenta l’efficacia dell’ intervento entro quattro/cinque minuti dall’arresto cardiaco.
Ed ancora, il decreto del giugno scorso ha prescritto che “la collocazione ottimale dei defibrillatori deve essere determinata in modo che gli stessi siano equidistanti da un punto di vista temporale rispetto ai luoghi di potenziale utilizzo”. In particolare, i defibrillatori sono da collocare in luoghi di aggregazione cittadina e di grande frequentazione o ad alto afflusso turistico, in strutture dove si registra un grande afflusso di pubblico e, in genere, ove sia più attesa l’incidenza di arresti cardiaci, tenendo conto comunque della distanza dalle sedi del sistema di emergenza”.
Sono molti a pensare che il DAE dovrebbe essere presente nel “pacchetto di pronto soccorso aziendale”, previsto dal DM 388/2003, tenuto conto che ormai da anni esistono sul mercato specifico della cardioprotezione prodotti del modello on line, controllati quindi da remoto e in grado di sollevare l’operatore che ne fa uso dalla responsabilità della manutenzione e del corretto funzionamento dello strumento.
Inoltre, il decreto ministeriale apparso in giugno sulla Gazzetta, oltre che ad individuare criteri, modalità e diffusione dei DAE, si occupa della formazione degli operatori addetti all’uso dello speciale presidio sanitario, fissando i contenuti dei relativi corsi con riferimento ai comportamenti e alle operazioni da attivare in caso di perdita di coscienza dovuta ad arresto cardiaco.
Saranno le Regioni ad affidare la realizzazione della specifica formazione a soggetti dotati di dichiarata competenza, quali “le centrali operative del sistema di emergenza 118, i centri di formazione accreditati di altre strutture del Servizio Sanitario Regionale, delle Università, degli Ordini professionali sanitari, delle organizzazioni medico-scientifiche di rilevanza nazionale, della Croce Rossa Italiana e delle Associazioni di volontariato nazionali e regionali operanti in ambito sanitario, degli Enti pubblici che hanno come fine istituzionale la sicurezza del cittadino”. Non sono esclusi altri “soggetti pubblici e privati operanti in ambito sanitario che, peraltro, devono disporre di un’adeguata struttura di formazione”.
Spetta anche alle Regioni di definire le modalità di retraining degli operatori abilitati, che comunque deve essere effettuato ogni due anni. L’autorizzazione all’impiego del defibrillatore, conseguita con la frequenza dei corsi, è riconosciuta su tutto il territorio nazionale.
* I semiautomatici differiscono dai convenzionali defibrillatori per il fatto che “sono in grado di analizzare il ritmo ECG e determinare con precisione ed assoluta sicurezza se la defibrillazione è necessaria. Questo elimina la necessità da parte del soccorritore di interpretare il ritmo cardiaco prima di emettere lo shock e di dover scegliere l’energia da erogare”.