La Corte di Appello di Milano ha confermato la condanna, per il delitto di cui all’art. 589 c.p., per omicidio colposo in danno di un dipendente dell’azienda, il responsabile per la sicurezza in quanto aveva “contribuito a cagionare” l’investimento di un pedone mentre si trovava sul piazzale di carico e scarico dell’azienda.
In particolare il responsabile della sicurezza non aver provveduto a predisporre nel piazzale, passaggi di larghezza sufficiente e delimitati da strisce al fine di permettere il transito dei pedoni senza incorrere nello specifico rischio di investimento, pur avendo redatto il documento di valutazione dei rischi con l’evidenziazione del rischio specifico di investimento.
La mancata adozione delle misure erano ancor più necessarie, si legge nel dispositivo della Corte d’Appello, tenuto conto che, nelle operazioni di carico e scarico erano impegnate anche aziende sub appaltatrici che non avevano alcuna conoscenza dei rischi connessi alla circolazione nel piazzale.
Contro la sentenza l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando “la erronea applicazione della legge da parte del giudice di merito che non aveva rilevato, fra l’altro, che “la causa assorbente dell’incidente andava identificata nella condotta gravemente negligente del conducente dell’autoarticolato, il quale: 1) aveva effettuato una retromarcia in spregio alle specifiche cautele previste dalle norme sulla circolazione stradale”, 2) non aveva valutato che la persona investita non era un pedone, ma un autista appena sceso dal suo mezzo e che si trovava vicino ad esso”.
La Cassazione Penale, Sez. 4, 09 novembre 2015, n. 44793 ha rigettato il ricorso.
Richiamata la precedente giurisprudenza, ritiene che “in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, il soggetto beneficiario della tutela è anche il terzo estraneo all’organizzazione dei lavori, sicché dell’infortunio che sia occorso all’ “extraneus” risponde il garante della sicurezza, sempre che l’infortunio rientri nell’area di rischio definita dalla regola cautelare violata e che il terzo non abbia posto in essere un comportamento di volontaria esposizione a pericolo”.
Ribadisce la Cassazione “che ai fini dell’affermazione della responsabilità per colpa del datore di lavoro è necessaria non solo la violazione di una norma cautelare ma anche la constatazione che il rischio che la cautela intende presidiare si sia concretizzato nell’evento. Tale rischio può anche consistere nella negligenza altrui quando, come nel fatto oggetto di ricorso, le misure di sicurezza siano preordinate proprio ad evitare incidenti per la disattenzione dei conducenti di mezzi, dei pedoni o di entrambi”.
L’imputato, in quanto responsabile per la sicurezza e delegato dal datore di lavoro per l’attuazione delle misure di prevenzione, pur essendo consapevole del pericolo di “investimento” nel piazzale aziendale, tanto da averlo inserito nel documento di valutazione dei rischi* a) non si è attivato per predisporre una segnaletica orizzontale ed una cartellonistica che indicasse con chiarezza i passaggi per i pedoni, a distanza di sicurezza dal traffico veicolare; b) non si è attivato per controllare il rispetto delle misure di prevenzione e quindi la sicurezza delle manovre.
“È di tutta evidenza, chiude la Cassazione, che la regolazione ed il controllo del traffico veicolare e pedonale, a fronte della commistione senza regole nel piazzale tra pedoni e mezzi in movimento, avrebbe evitato l’evento”.
* In violazione dell’ art. 8 del Dpr 547/1955 e dell’ art. 65 della 626/94, in vigore all’epoca del fatto.
Info: Olympus, sentenza Cassazione Penale 9 novembre 2015 n.44793