Frutto della collaborazione tra Coordinamento statistico attuariale dell’Inps, Direzione Generale per le politiche dei servizi per il lavoro e Ufficio di statistica del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, è disponibile in questi giorni il Rapporto sulla Coesione Sociale, Anno 2013.
Sono molte le sezioni di sicuro interesse per i lettori della Rubrica, e ho scelto alcuni argomenti da trattare con una serie di interventi.
Per primo, dal capitolo 2, Famiglia e coesione sociale, in ambito Salute, il tema Infortuni e decessi sul lavoro.
Secondo le ultime rilevazioni Inail, relative al 2012, le denunce registrate di infortuni sul lavoro sono state 656.514 (-9,5% rispetto al 2011). Di questi 104.330 hanno interessato cittadini di nazionalità estera. Le morti per infortunio sul lavoro sono state 824 (76 in meno rispetto al 2011), 120 dei quali occorsi a cittadini nati all’estero.
Sia per tasso di infortuni che per quello di mortalità a seguito di infortunio la Lombardia (17,8% e 133 casi mortali ), l’ Emilia-Romagna (14% e 97 casi di morte), Veneto (11,2% e 79 casi di morte) figurano ai primi posti della graduatoria per regioni.
Se si considera il genere, il 66,7% degli infortuni in generale ha riguardato lavoratori maschi, che negli incidenti mortali arrivano al 92% del totale.
Fitto il numero dei dati sulle malattie professionali, la cui denuncia, nel 2012 ha raggiuno quota 46.005 (32.227 di uomini), concentrate per lo più in Emilia Romagna (15,9%) e in Toscana (12,8%). I dati fanno registrare una crescita rispetto al 2008, ma paragonate con quelle del 2011, le denunce di malattia professionale sono calate dell’1,6.
In flessione, dal 2008, i casi di menomazione permanente se si considerano gli indennizzi dell’INAIL nel 2012 (sono stati 12.028, mentre quelli per decessi sono stati 304).
E dunque, si può dire che l’andamento degli infortuni di cui si è occupato il Rapporto sulla coesione sociale 2013, nell’insieme, può considerarsi incoraggiante? Per una risposta assolutamente certa dovremmo poter confrontare i numeri europei, cosa che non è facilmente realizzabile a causa “delle differenti normative vigenti, sia in materia assicurativa sia di previdenza sociale” esistenti fra i Membri UE. Però, se si leggono i dati 2010 (ultimo anno reso disponibile da Eurostat), sulla base dei tassi di incidenza infortunistica standardizzati, l’Italia, con un valore pari a 2.200 infortuni per 100.000 occupati (- 5,6% rispetto al 2009), si colloca ben al di sotto di Spagna (3.541 infortuni) e Portogallo (3.371) ma ancora al di sopra del tasso medio europeo (2,9). Anche “i tassi di incidenza per i casi mortali diminuiscono da 4,2 del 2008 a 3,9 del 2010 decessi per 100.000 occupati (quasi tutti uomini) confermando per il nostro Paese come il rischio infortunistico continui nella sua tendenza al ribasso”.
Continua martedì 7 gennaio 2014: rendite infortunio lavoro.