Scende dalla macchina con la quale si recava al lavoro, inciampa nel marciapiede e cade a procurandosi un “trauma contusivo alla mano destra e sinistra, ginocchio destro e sinistro”.
È capitato a una dipendente che ha chiesto all’Inail il riconoscimento dell’inabilità per infortunio in itinere, che l’Istituto non ha riconosciuto per “l’ulteriore periodo di inabilità temporanea …connesso all’intervento chirurgico effettuato dall’interessata, in artroscopia di meniscectomia mediale selettiva e lateral relase della rotula”.
Da qui il ricorso alla Cassazione civile, sez. lav, che con sentenza 11 giugno 2015, n. 12121, ha accolto il controricorso dell’INAIL, tenuto conto che:
- la Corte d’Appello aveva ritenuto “sussistere una patologia preesistente, rispetto alla quale l’aggravamento si inseriva in un quadro di degenerazione … che valutato secondo il principio di equivalenza causale di cui all’art. 41 cp, e considerato l’onere probatorio pur sempre gravante sull’attore, induceva a ritenere che la caduta a terra era mera occasione di evidenza della patologia degenerativa e non concausa della stessa, né dell’intervento chirurgico in questione a cui seguiva l’inabilità temporanea in questione*” ( deducendo contraddittorietà e difetto di motivazione, mancata valutazione della concausalità – art. 360, n. 3 e n. 5, cpc;
2) vi è stata mancanza di “valutazione della concausalità dell’evento lesivo… di accertamento del nesso causale e del principio di equivalenza delle condizioni**.
La sentenza ha ricordato che “è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che anche nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta applicazione la regola contenuta nell’art. 41 cp, per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta l’efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, mentre solamente se possa essere con certezza ravvisato l’intervento di un fattore estraneo all’attività lavorativa, che sia per sé sufficiente a produrre l’infermità tanto da far degradare altre evenienze a semplici occasioni, deve escludersi l’esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge”***.
* “L’intervento era stato consigliato già alla chiusura del primo periodo di inabilità temporanea ed era stato eseguito l’anno successivo a seguito di una scelta meditata della ricorrente”.
** Se “la patologia in questione fosse riferibile al sovrappeso e al disallineamento dell’apparato estensore, senza dare alcuna rilevanza neppure concausale all’infortunio” occorso alla dipendente.
*** Cass. 23990/2014.
Info: sentenza Cassazione Civile n.12121 11 giugno 2015
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