Con sentenza 24517/2014 ( Infortunio in itinere e requisito della “vivenza a carico”) la Cassazione Civile, Sez. Lav. ha respinto il ricorso inteso a confermare la condanna dell’Inail al pagamento della rendita vitalizia conseguente al decesso di una persona in seguito a un incidente stradale occorsogli mentre percorreva la strada che collegava la casa al luogo di lavoro.
L’Inail aveva contestato a) la necessità dell’uso del mezzo privato da parte del lavoratore e b) il requisito della “vivenza a carico”, “attesa l’entità dei redditi annui del nucleo familiare e l’inefficienza del contributo economico del defunto al mantenimento dei parenti ricorrenti”.
Il Tribunale rigettò il primo motivo di impugnazione ma accolse il secondo ritenendo che la produzione in appello della documentazione da cui risultava l’importo della rendita Inail già goduta dalla ricorrente fosse ammissibile, trattandosi di una prova precostituita, “confermava l’autonomia dei mezzi di sostentamento dei ricorrenti rispetto al minimo contributo dato dal lavoratore deceduto”.
A proposito di questo ultimo punto la Cassazione ha fatto riferimento all’art. 126 del TU 1124/1965* per il quale la “vivenza a carico” … è provata quando risulti che gli ascendenti si trovino senza mezzi di sussistenza autonomi sufficienti e al mantenimento di essi concorreva in modo efficiente il defunto”.
E ha aggiunto che “sono dunque necessari due presupposti: a) il pregresso ed efficiente concorso del lavoratore deceduto al mantenimento degli ascendenti mediante aiuti economici che, per la loro costanza e regolarità, costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di sostentamento; b) la mancanza, per gli ascendenti, di autonomi e sufficienti mezzi di sussistenza”.
Poiché la “sufficienza” dei mezzi di sussistenza non è legislativamente determinata, per la Cassazione la norma riecheggia l’espressione “mezzi necessari per vivere” di cui all’art. 38, c. 1 della Costituzione, nell’ambito del più generale sistema di sicurezza sociale e nel modello fondato sulla solidarietà collettiva che garantisce ai “cittadini”, ove ad alcuni eventi si accompagnino situazioni di bisogno, “i mezzi necessari per vivere” e non invece nel diverso modello, normalmente realizzato mediante gli strumenti mutualistico -assicurativi, che prevede il riconoscimento ai “lavoratori” della diversa e più elevata garanzia del diritto a “mezzi adeguati alle loro esigenze di vita”, prescindendo da uno stato di bisogno.
Il requisito in esame è dunque da intendersi nel senso di un rapporto diretto di dipendenza economica dei congiunti con il lavoratore infortunato con la conseguenza che, ai fini della sussistenza del diritto alla rendita, non è sufficiente la dimostrazione della sola circostanza della loro convivenza con l’assicurato o che da questi ottenevano un parziale mantenimento.
La Cassazione ha respinto il ricorso ritenendo che fosse onere dei parenti ricorrenti provare la (eventuale) sussistenza di uscite patrimoniali (debiti verso terzi, mutui, ecc.), tali da ridurre il reddito complessivo familiare, e ciò al fine di comprovare la “vivenza a carico“.
* Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali
Info: sentenza Cassazione 18 novembre 2014 n.24517