Il Ministero dell’Interno ha rigettato la domanda di un proprio dipendente che chiedeva di beneficiare dei riposi giornalieri ai sensi dell’art. 40, lettera c del DLgs n. 151/2001* , precisando che la madre della figlia svolgeva attività lavorativa di casalinga. Per il Ministero la casalinga non può essere considerata una lavoratrice autonoma, e quindi non si possono invocare i benefici della legge citata.
Contro il diniego l’interessato si è rivolto al Tar competente che, con sentenza n. 2427 del 25/09/14, ha stabilito «che la lettera c) dell’art. 40 del D.Lgs. n. 151/2001, riferendosi alla “madre che non sia lavoratrice dipendente”, si applica non solo alla lavoratrice “autonoma” ma, per la sua lata accezione letterale e in mancanza di esplicita esclusione, anche alla lavoratrice “casalinga” .
Infatti, sostiene il Tar “la prospettata interpretazione estensiva della lettera c) dell’art. 40 citato è stata ritenuta maggiormente aderente alla ratio legis, volta a garantire al lavoratore padre la cura del bambino in tutte le ipotesi in cui l’altro genitore sia impegnato in attività lavorative che lo distolgano dall’assolvimento di tale compito. Poiché l’art. 40 del T.U. 151/2001 costituisce una norma volta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità in attuazione delle finalità generali di tipo promozionale scolpite dall’art. 31 della Costituzione, non può che valorizzarsi, nella sua interpretazione, la ratio della stessa, volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività (nella fattispecie, quella di “casalinga”), che la distolgano dalla cura del neonato”.
La sentenza:
- da una parte, riconosce importanza dell’attività lavorativa della casalinga nell’ambito sociale;
- dall’altra, conferma l’importanza del ruolo del padre nella cura dei figli, “consolidando il sempre più diffuso orientamento alla base dei recenti sviluppi normativi secondo cui i compiti della donna e dell’uomo non vanno ripartiti secondo ruoli distinti e separati, ma devono invece integrarsi reciprocamente nella cura dei figli”.
* Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della L. 53/2000.