Per l’elaborazione della scheda di rischio da sovraccarico degli arti superiori (Pubblicazione Inail 2014) sugli Ospedali e case di cura generici, operazione chirurgica con tecnica laparoscopica è stata analizzata un’operazione di appendicectomia eseguita con la tecnica della laparoscopia.
Per eseguire il compito assegnato, l’operatore si posiziona sul lato sinistro del paziente; dopo aver praticato due piccole incisioni sull’addome del paziente, inserisce le cannule per l´introduzione della telecamera e degli strumenti chirurgici. Tenendo le cannule per mezzo di una impugnatura ad anelli disposta a 90° rispetto all’asse di lavoro, l’operatore compie i movimenti necessari per l’esecuzione dell’operazione.
L’operazione dura in media circa 30 minuti. I compilatori della scheda hanno considerato, come ciclo di lavoro, un periodo di tempo rappresentato dal momento centrale dell’operazione (8 minuti).
Frequenza: il lavoro comporta l’effettuazione di movimenti abbastanza rapidi (azioni tecniche dinamiche) da parte dell’arto dx e sx. Presenza di stereotipia moderata per entrambi gli arti.
Forza: è richiesto l’uso di forza di grado moderato per circa 1/3 del tempo di ciclo.
Posture: le braccia sono sollevate senza appoggio quasi ad altezza spalle per circa 1/3 del tempo; il polso dx è mantenuto in postura incongrua per circa il 60% del tempo di ciclo; entrambe le mani tengono in presa simil palmare lo strumento chirurgico per circa tutto il tempo di ciclo.
“Un corretto posizionamento del video e l’utilizzo di un tavolo operatorio regolabile in altezza potrebbero contribuire al mantenimento di una migliore postura delle braccia e del collo durante il lavoro. Un’impugnatura della strumentazione adeguata alla mano dell’utilizzatore potrebbe rendere la mansione meno sovraffaticante”. Sono questi gli interventi preventivi che si leggono in calce della scheda studiata.
Per questa situazione lavorativa e per tutte le attività delle piccole realtà produttive che hanno formato oggetto volume dell’Inail, “si è riscontrata la totale assenza di consapevolezza del lavoratore ma anche del datore di lavoro, in assoluta buona fede, della relazione esistente tra sovraccarico biomeccanico e possibili problemi di salute, almeno fino all’insorgenza di una qualche patologia muscolo-scheletrica nel lavoratore o nel titolare stesso”.
Ecco perché “la forte necessità di formazione nei confronti di queste figure professionali, connessa naturalmente anche a precisi obblighi di legge”. “A questo proposito in un gran numero di situazioni critiche, a fronte della necessità di attuare solamente piccoli interventi per la riduzione del rischio, non si procede alla messa in atto di alcun intervento preventivo; questo perché difficilmente si assiste ad un momento di riflessione sull’argomento interno all’azienda o di “progettazione” intesa in senso molto pratico”.
E invece, il primo “scopo della formazione è la consapevolezza del rischio e della necessità di farvi fronte”.
La formazione dei lavoratori “deve portare i lavoratori a eseguire le azioni tecniche in modo corretto, ad esempio eliminandole “azioni inutili”, suddividendo quanto più possibile il carico di lavoro su entrambi gli arti, mantenendo le posture corrette”. I lavoratori inoltre devono conoscere le possibili conseguenze dovute al sovraccarico biomeccanico degli arti superiori e la possibilità di rivolgersi al medico competente qualora ravvisino sintomi riconducibili a questo tipo di rischio.
I lavoratori consapevoli dei rischi e a conoscenza dei sistemi di prevenzione costituiscono un utilissimo aiuto per i datori di lavoro nella ricerca di soluzioni ergonomiche che non vadano a discapito della produzione.
La prevenzione attraverso la formazione interessa anche i datori di lavoro/titolari e dirigenti, soprattutto nelle piccole realtà lavorative, nelle quali sono anche impegnati in prima persona nei compiti operativi e potrebbero essere soggetti essi stessi ad esposizione al rischio.
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