8 – Il sistema di sicurezza globale nei processi produttivi comunitari tracciato dalle direttive dell’ Unione Europea.
Un salto di qualità nella legislazione sulla prevenzione infortuni e l’igiene del lavoro – dopo l’emanazione negli anni 1955/56 del “corpus normativo“ sulla sicurezza che ha assicurato nel nostro Paese i minimi di tutela della salute dei prestatori d’opera per oltre mezzo secolo – veniva compiuto dalla Comunità europea in attuazione del Trattato di Roma che era stato sottoscritto dai sei Paesi fondatori il 25 marzo 1957.
La grande riforma si era delineata in occasione della redazione di un nuovo Trattato, conosciuto come l’Atto unico europeo, volto a disciplinare la libera circolazione dei cittadini e delle merci nell’ambito dei confini europei.
La scelta della tutela della salute dei lavoratori comunitari si imponeva, nell’ottica dell’organizzazione del grande mercato sovrannazionale, in vista dell’obiettivo perseguito: la creazione della struttura politica degli Stati Uniti d’Europa. L’intervento era dettato anche dalla necessità di assicurare un’applicazione uniforme della legislazione di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro della Comunità, anche per ragioni di concorrenza leale tra i produttori di beni e servizi dei diversi Paesi membri.
Il Trattato istitutivo della Comunità economica europea prevedeva già all’art. 117 la necessità di promuovere il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della mano d’opera per consentirne la parificazione nel progresso. L’art. 118 statuiva che la Commissione “ha il compito di promuovere una stretta collaborazione tra gli Stati membri nel campo sociale”, segnatamente in alcune materie tra cui il diritto al lavoro, le condizioni di lavoro, la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e l’igiene del lavoro.
La motivazione più nobile dell’intervento comunitario era finalizzata ad assicurare una più elevata qualità della vita dei cittadini europei. A ciò si aggiungeva l’interesse di ridurre l’enorme costo sociale degli infortuni e delle malattie professionali e assicurare una parità di condizioni concorrenziali tra le imprese comunitarie in ordine ai costi della sicurezza sul lavoro.
La filosofia riformatrice è caratterizzata dal principio politico-giuridico dell’Unione europea, come processo di integrazione e cooperazione. I cardini del nuovo indirizzo riformatore della politica sociale, come accennato, vengono sanciti dall’Atto unico europeo (1986).
Difatti, l’art. 118 A, al par. 1, impegna i Paesi membri della Comunità a promuovere il miglioramento dell’ambiente di lavoro e fissa come obiettivo dei singoli Stati l’armonizzazione, in una prospettiva di progresso, delle condizioni di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Il par. 2 del citato art. 118A, impegna il Consiglio dei Ministri ad adottare mediante direttive, deliberate a maggioranza qualificata, le prescrizioni minime, applicabili progressivamente, tenendo conto delle condizioni e delle normative tecniche esistenti nei vari Stati. Il sistema a maggioranza qualificata, deciso per le deliberazioni, è stato un grosso passo avanti per evitare che l’opposizione, anche di un solo Stato, potesse arrestare l’attuazione della politica sociale.
Il successivo par. 3 consente ai singoli Stati di adottare o di mantenere misure di maggiore protezione dei lavoratori rispetto alle prescrizioni minime stabilite dalle direttive comunitarie. L’art. 100 già prevedeva la possibilità che il Consiglio, deliberando all’unanimità, stabilisse direttive volte al ravvicinamento delle legislazioni dei Paesi membri che avessero un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato comune. L’art. 100A, introdotto dall’Atto unico europeo, in deroga a tale precetto, sancisce che la Commissione per la realizzazione del mercato interno formuli proposte in materia di sanità, sicurezza, protezione dell’ambiente e dei consumatori, basandosi su un “livello di protezione adeguato”. Su tali proposte il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.
Lo strumento giuridico impiegato per attuare i principi del Trattato è la direttiva. Questa vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Le direttive emanate seguono due filoni: le direttive c.d. di mercato e le direttive di tutela della salute nei luoghi di lavoro.
Le direttive di mercato comprendono quei provvedimento indirizzati ai fabbricanti come la direttiva macchine, la direttiva sui dispositivi individuali di protezione e la direttiva di bassa tensione afferente il prodotto elettrico. Quelle di tutela sono la direttiva madre, o direttiva quadro, e le sue direttive particolari di attuazione o direttive figlie.
La direttiva madre è la n. 89/391/CEE del Consiglio dei Ministri del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. Queste direttive sulla tutela della salute e sicurezza del lavoro saranno recepite nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, il quale trasformerà il sistema di tutela nazionale, basato sulla prevenzione tecnologica, introducendo il principio dell’organizzazione e gestione in sicurezza dei processi lavorativi.
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