(…continua da giovedì 15 dicembre 2011).
13. La funzione sociale dell’ispezione del lavoro. Dalle inattuate Convenzioni internazionali degli anni ’50 alla vigente disciplina del 1994 insufficiente ad assicurare la condizioni di tutela della salute nei luoghi di lavoro.
Parte II – La necessità di rifondare l’ispezione di sicurezza è imposta dalla strage dei lavoratori innocenti.
Riprendendo l’esame dei contenuti delle Convenzioni internazionali sull’ispezione del lavoro, nell’articolo pubblicato la scorsa settimana, vediamo le altre funzioni, oltre a quella di controllo attribuite ai funzionari dell’ispezione.
c) La consulenza nel corso dell’ispezione. Si è detto che la funzione di controllo che si esercita essenzialmente al momento della visita in azienda comporta, necessariamente, il dovere di dare informazioni e consigli. L’ispettore è chiamato a rispondere alle domande che possono fargli il datore di lavoro, i suoi collaboratori ed i rappresentanti dei lavoratori. Egli è portato anche spontaneamente a dare consigli e spiegazioni; infatti, l’informazione ed i suggerimenti sono a tal punto integrati nella funzione di controllo che è difficile distinguerli: in un certo modo si può dire che si tratta di una componente dell’azione ispettiva, che indirizza la visita e si estrinseca attraverso una osservazione attenta e ragionata della situazione del posto di lavoro.
d) Informazioni e consigli in ufficio. L’ispettore dovrà essere presso il suo ufficio a disposizione di coloro che desiderano consultarlo, sottoporgli dei quesiti o presentare delle denunce su precise situazioni di pericolo. La sua condotta dovrà essere sempre guidata dalla medesima preoccupazione: promuovere un’interpretazione precisa, con una buona dose di buon senso, delle disposizioni di legge.
e) L’attività pedagogica. Informare, consigliare sono le funzioni di carattere pedagogico nella misura in cui si tratta di ottenere che le indicazioni date non siano solo applicate alla lettera in una determinata situazione ma siano comprese ed assimilate, che convincano e che in definitiva abbiano un effetto duraturo ed esteso. Informazioni e suggerimenti possono assumere anche la forma particolare di corsi, di conferenze, di convegni, di dibattiti, ecc…come espressamente prevede la convenzione n. 81. Queste attività permettono naturalmente d’interessare molte persone, di far conoscere la legislazione prevenzionale nel suo significato sostanziale.
f) La diffusione dell’informazione. L’ignoranza della legislazione sulla sicurezza, la disconoscenza della sua ragion d’essere e della sua utilità sono tra gli ostacoli più grandi – soprattutto a causa della mancata formazione scolastica – contro i quali si scontra l’ispezione del lavoro. Può essere difficile, nel corso di certe visite alle aziende, specie se di piccole dimensioni (aziende artigiane, laboratori, cantieri edili, ecc.) far ammettere la necessità di osservare certe norme – nella pletora degli adempimenti burocratici abbondantemente presenti nella nostra legislazione – mentre gli infortuni sul lavoro seguitano a mietere vittime! Non c’è bisogno di sottolineare la grande utilità di tutte le misure concorrenti ad assicurare la diffusione dell’informazione sulla legislazione di sicurezza. Niente dovrà essere trascurato in questo campo, nel quale le organizzazioni dei datori di lavoro ed i sindacati non ancora giuocano un ruolo decisivo.
g) L’efficacia del controllo e della consulenza. Non è superfluo sottolineare che è stato infausto opporre la funzione di controllo alla funzione di informazione o di consulenza: funzioni che si completano e si integrano l’una con l’altra. Senza consulenza il controllo è divenuto strettamente giuridico e formale, energico certo ma limitato in ragione dei suoi effetti repressivi; esso, infatti dal 1995, con la nuova disciplina che ha reso gli ispettori dei meri “ufficiali di polizia giudiziaria” alle dipendenze del Pubblico ministero, ha incontrato delle resistenze o peggio delle opposizioni e l’attuazione della legislazione prevenzionale ne soffre grandemente. Senza la minaccia di sanzioni, in quanto vengono comminate automaticamente, anche se in misura ridotta in caso di accertata inosservanza, la “prescrizione” in materia di sicurezza sul lavoro, non più alternativa all’obbligo del rapporto all’A.G, (già conosciuta in passato come “diffida) ha perso gran parte della sua forza di convinzione. Le aziende adempiono alle prescrizioni impartite, talvolta senza alcuna intima convinzione sulla loro giustezza, e pagano la sanzione amministrativa pecuniaria pari ad un quarto della pena edittale massima, introitata dalla Azienda USL, solo per evitare il maggior costo e le lungaggini che il processo penale per reati contravvenzionali comporta per il ristoro della verità davanti al giudice.
L’esperienza negativa italiana ha ampiamente dimostrato quant’è errato separare la funzione di consulenza, già assicurata nel passato dall’ENPI, da quella ispettiva svolta dall’Ispettorato del lavoro prima ed ora quasi esclusivamente delle Aziende USL.
Il sistema attuale derivante dalla c.d. riforma sanitaria di cui alla legge n. 833/1978 ha condotto, ancor peggio, alla scomparsa pressoché totale della funzione di consulenza, da decenni non più svolta in materia di sicurezza dagli ispettori del lavoro né dagli ispettori delle Aziende USL, considerati dalla magistratura meri “ufficiali di polizia giudiziaria”, sui quali incombe sempre l’obbligo del rapporto, anche per gli illeciti contravvenzionali accertati nei luoghi di lavoro.
Controllo e consulenza congiuntamente sono in grado di promuovere l’attuazione della legislazione in modo intelligente – di condurre i datori di lavoro ad adottare comportamenti più disponibili, di incitare le aziende a realizzare spontaneamente, sensibilizzandole, il miglioramento della sicurezza nell’ambiente di lavoro, di suscitare un flusso d’informazioni ed uno scambio di dati sull’esperienza a livello aziendale, d’innescare un dialogo tra i datori di lavoro ed i lavoratori, di dare ai prestatori d’opera una migliore comprensione dei loro diritti.
Questa duplice azione, naturalmente, esige delle qualità, delle attitudini particolari, una dedizione totale da parte degli ispettori all’attività ispettiva, che naturalmente andrebbe compensata adeguatamente in termini economici, anche per sottrarre gli ispettori alle “lusinghe” di certi imprenditori prevenendo il triste fenomeno della “corruzione”.
Diciamo subito che le basi sono costituite da un’ottima conoscenza della legislazione prevenzionale, un’intelligenza aperta, un interesse per i problemi tecnici afferenti gli impianti, ed una chiara conoscenza degli obiettivi che il servizio d’ispezione deve conseguire. Questi imperativi mettono in evidenza l’importanza della formazione che deve essere puntualmente assicurata agli addetti ai servizi d’ispezione.
Questa funzione è stata sottostimata, sebbene sia menzionata nelle Convenzioni n. 81 e n. 129, ma non evidenziata nell’ordinamento nazionale attuale. Di conseguenza le aziende non dispongono più di un organo pubblico a cui rivolgersi per consigli, pareri o consulenze, tanto necessari considerata la complessità della materia.
All’indomani della riforma sanitaria, per l’esattezza dal 1° luglio 1982 – azzerato l’Ispettorato del lavoro operante dal 1912, con la totale perdita del suo patrimonio di conoscenze ed esperienze – i nuovi ispettori delle Aziende USL, sovente senza previa formazione giuridica e senza alcuna esperienza sulla tecnica ispettiva, sono stati mandati allo “sbaraglio” nelle aziende con gravissimo nocumento per i lavoratori, per gli imprenditori e per gli stessi ispettori.
I lavoratori stanno pagando, ancora oggi, il loro tributo, sotto forma d’infortuni e di malattie professionali, a causa dell’insufficiente professionalità di questi funzionari, a suo tempo non formati adeguatamente dalle strutture regionali alle delicate e complesse funzioni ispettive.
L’insufficiente funzionalità complessiva degli organi ispettivi ha sacrificato gradualmente l’attività di prevenzione. L’ispezione programmata sul territorio appare inadeguata soprattutto in vaste aree del meridione. C’è da essere preoccupati dell’avvenire della prevenzione in quanto solo una piccola parte dell’universo delle imprese è oggetto di vigilanza programmata.
Molto occorre fare per assicurare che la vigilanza non sia ispirata a criteri meramente repressivi o improntata ad inutili e dannosi formalismi burocratici. Occorre evitare il sospetto che l’ispezione sia motivata dall’ “interesse di cassa” dell’azienda USL attraverso la percezione dei proventi contravvenzionali.
Come sottolineato dalla Suprema Corte di Cassazione l’ispezione deve attuare il principio della “effettività della tutela”, al fine di conseguire l’obiettivo della salute e sicurezza dei lavoratori. La vigilanza deve perseguire le finalità “sociali” dettate dalla Corte Costituzionale nella famosa sentenza n. 105 del 12 luglio 1967 sulla “questione di legittimità costituzionale”, dichiarata non fondata, del “potere di diffida” attribuito agli ispettori dall’art. 9 del DPR 19 marzo 1955, n.520. Occorre, dunque, “mettere in campo un progetto globale di prevenzione” – che non appare nel D,Lgs. 81/2008 – che aiuti a colmare le disparità geografiche, incrementi i livelli di professionalità e le dotazioni strumentali; renda gli ispettori degli “specialisti” al servizio della prevenzione.
Le gravi attuali carenze organizzative dell’ispezione derivano anche dalla pluralità di organi. Gli Ispettori del lavoro, con il DPCM 14 ottobre 1997, n. 412, vengono dopo 15 anni richiamati in vita, soprattutto sulla carta, per operare limitatamente nei settori produttivi comportanti rischi particolarmente elevati – trattasi dei lavori edili e di genio civile – ma non in via esclusiva bensì allo stesso titolo delle Aziende USL, con ulteriore confusione nei controlli e sperpero di risorse, dalla carenza di programmazione e coordinamento sul territorio, all’assenza di consulenza, alla sovrapposizione e duplicazione delle visite, alla inadeguata professionalità degli operatori, allo spontaneismo ed occasionalità dei controlli, alla scarsa efficacia della giustizia penale, che riesce ad attivarsi solo nei casi di verificazione dell’evento lesivo (lesioni colpose, omicidio colposo, ecc).
Tutto ciò si risolve in un vero e proprio diniego di giustizia per i lavoratori, ma anche per gli imprenditori che osservano le leggi di tutela del lavoro. Il corpus giuridico sulla salute e sicurezza del lavoro, adeguato al diritto comunitario, che vede nel D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. il cardine della nuova organizzazione prevenzionale, in assenza di un “compiuto” sistema di vigilanza che ne assicuri l’attuazione in tutti i settori lavorativi pubblici (ospedali, ministeri, enti, ecc.) e privati (industria, agricoltura, terziario, ecc.), come avviene negli altri Paesi europei, è destinato a restare sulla carta ancora per molto tempo.
La prima parte pubblicata il 15 dicembre 2011: Storia normativa sicurezza – 12 La funzione sociale dell’ispezione del lavoro.
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