Per la Corte di Cassazione (sentenza 17438/2012) il tumore causato dall’uso del cellulare è malattia professionale.
Il caso oggetto di giudizio è quello di un dirigente che, facendo uso protratto per lavoro (5-6 ore al giorno) per 12 anni, di cellulare o cordless, aveva contratto il neuroma del ganglio di Gasser, un tumore che colpisce i nervi cranici, quello acustico in particolare.
Alla richiesta di riconoscimento di malattia professionale (*), l’INAIL aveva proposto ricorso avvalendosi delle consulenze tecniche che, pur non escludendo a priori il nesso di causalità tra l’uso prolungato del cellulare e l’insorgere del tumore, aveva piuttosto ammesso, nell’evento, un ruolo di concausa delle radiofrequenze.
La Corte ha invece riconosciuto la rendita per malattia professionale – non tabellata (**) – prevista per l’invalidità all’80%, sostenendo che l’origine professionale poteva essere ravvisata in presenza di un rilevante grado di responsabilità, così come sostenuta dall’interessato che aveva “esperito i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti”. Allo scopo si sono anche valutate le “conclusioni probabilistiche” del consulente tecnico in tema di nesso causale, e si è fatto ricorso d’ufficio ad “ogni iniziativa diretta ad acquisire ulteriori elementi (sull’entità ma anche sull’esposizione ai fattori di rischio).
Si è considerato che “la natura professionale della malattia può essere desunta, con elevato grado di probabilità:
- dalla tipologia delle lavorazioni svolte;
- dalla natura dei macchinari presenti nell’ambiente di lavoro;
- dalla durata della prestazione lavorativa;
- dall’assenza di altri fattori extralavorativi, alternativi o concorrenti, che possano costituire causa della malattia”.
(*) La malattia professionale è un “evento dannoso alla persona che si manifesta in modo
– lento, – graduale – progressivo, – involontario – in occasione del lavoro”.
Normalmente il metodo medico-legale per il riconoscimento di una malattia professionale
identifica l’agente professionale o la mansione lavorativa che si ipotizza come responsabile della malattia; riconosce l’evidenza scientifica della capacità lesiva della sostanza e della mansione (ciò deve essere attestato da Organismi nazionali o internazionali); riconosce l’esposizione lavorativa del lavoratore per tempi significativi per durata e quantità; riconosce la tipologia della malattia uguale a quella comunemente indotta dalla sostanza agente o correlata alla mansione; riconosce la manifestazione della malattia dopo diversi anni di esposizione.
(**) Sono malattie professionali solo quelle elencate nelle tabelle delle malattie professionali nell’industria (85) e nell’agricoltura (24) – G.U. n.169 del 21 luglio 2008.
Info: Cassazione Civile, 12 ottobre 2012, n. 17438.