FERRARA – Sono passati più di sei anni da quando Giuseppe Pace, un operaio allora 48 enne di Zola Predosa, rimase folgorato riportando danni e ustioni gravissime mentre sistemava un pannello elettrico nello stabilimento Falco di Codigoro, in provincia di Ferrara. Giuseppe non era inesperto, era dipendente di una ditta specializzata in lavori elettrici, avere a che fare con l’alta tensione era il suo mestiere: sapeva che in quel momento non doveva esserci corrente lì dove stava lavorando.
Invece c’era. Da quell’infortunio, che gli è costato una grave invalidità permanente, è cominciata anche una lunga vicenda giudiziaria: perché la corrente non era stata tolta? Di chi era la responsabilità? Sono passati più di sei anni da quel 25 febbraio del 2005 e solo pochi giorni fa si è arrivati ad una prima condanna per tre persone, emessa dal giudice Anna Ghedini, per lesioni gravissime.
Un punto di arrivo a cui si è giunti dopo lunghe indagini che portarono ad individuare la responsabilità in capo ad Antonio Zagaglia, allora responsabile di allora della Falco, di Giacinto Piva, il tecnico preposto alla manutenzione dell’impianto, e di Daniele Rambaldi, allora datore di lavoro dell’operaio infortunato.
L’accusa aveva chiesto per il responsabile dello stabilimento e per il tecnico della manutenzione una condanna ad un anno e due mesi, mentre ad un solo anno per il datore di lavoro. Il giudice, però, è stato anche più severo e ha deciso che al responsabile della manutenzione fosse data una pena più alta – un anno e 8 mesi – mentre agli altri due un anno e due mesi. Quanto basta per capire che la vicenda, dopo sei anni, non si concluderà qui: la difesa dei tre uomini condannati ha, infatti, già annunciato che sta valutando di fare appello contro questa sentenza.
Per fortuna si può dire che, anche se la giustizia dei tribunali non ha ancora completato del tutto il suo iter, almeno Giuseppe Pace e la sua famiglia sono stati risarciti a livello economico per il grave danno subito: all’uomo sono stati riconosciuti circa un milione di euro mentre altri 800 mila sono andati alla famiglia. Nessuno, però, potrà ridare loro la salute e la possibilità di fare una vita normale, quella che gli è stata irrimediabilmente tolta per una disattenzione, una leggerezza o comunque un errore avvenuto sul posto di lavoro.