ROMA – I numeri che emergono dal Registro Siciliano dei Mesoteliomi sono da brivido: 880 casi in 10 anni e tutti concentrati dove c’erano i maggiori stabilimenti che producevano e lavoravano l’amianto materiale tossico. Ma la piaga provocata dalla sostanza tossica interessa tutta Italia e una buona parte del materiale pericoloso non è ancora stata smaltita. Quello tra l’Italia e l’amianto – dunque – è stato un lungo avvelenamento tossico: il più terribile si chiama mesotelioma, una forma tumorale che colpisce principalmente la pleura, può manifestarsi anche dopo 40 anni dal contatto e porta velocemente alla morte.
L’Italia è stata uno dei maggiori produttori ed utilizzatori di amianto dall’immediato dopoguerra fino al 1992, anno in cui ne fu disposto il bando. In quegli anni l’Italia produsse 3.748.550 tonnellate e ne importò 1.900.885 tonnellate. Amianto che, per quanto si sia provato a fare bonifiche, non è scomparso: si calcola che sul territorio italiano ci siano, tra coperture di eternit, cemento-amianto e amianto friabile, circa 8 milioni di metri cubi di questa sostanza.
La conseguenza dell’uso massiccio e spesso molto disattento dell’amianto è ormai nota: nel decennio 1988/97 furono oltre 9.000 i decessi rilevati (e molti casi di malattia probabilmente non furono nemmeno associati all’amianto). Proprio per la rilevanza del fenomeno è stato istituto a livello nazionale un Registro Nazionale dei Mesoteliomi a base regionale coordinato dall’ex Ispesl.
Dai dati emerge che il 69,8% dei casi di malattia a livello nazionale è da correlare a esposizione professionale, il 4,5% familiare, il 4,7% ambientale, l’1,4% per un’attività extralavorativa di svago o hobby. Per il 19,5% dei casi l’esposizione è improbabile o ignota.
Una delle regioni che in passato ebbe più familiarità con la sostanza è la Sicilia e i dati del registro regionale recentemente pubblicati lo confermano: il numero totale di casi rilevato negli ultimi 10 anni è impressionante: ben 880 di cui 611 assolutamente certi nella diagnosi, 32 definiti probabili, 207 possibili e solo 30 ancora ‘da definire’.
Il rapporto che mostra una netta prevalente della malattia tra gli uomini, con il 78% dei casi, dovuta probabilmente al fatto che questi fossero più attivi nel settore dell’edilizia, del lavoro industriale e marittimo. L’amianto però è una polvere e se gli uomini vi erano direttamente esposti, le donne lo erano indirettamente: per tantissimi anni infatti i lavoratori hanno portato a casa i propri abiti da lavoro impregnati nella sostanza, e le loro mogli, madri, o comunque delle donne, li hanno maneggiati e lavati ignare dei rischi.
In linea con il dato emerso già a livello nazionale e con la natura stessa della malattia, che si manifesta dopo molto anni dal contatto con la sostanza, la classe di età tra cui più frequentemente di verifica il mesotelioma è quella che va tra i 60 e gli 80 anni, alla fine cioè di una vita di lavoro.
Il registro indaga anche sulla distribuzione provinciale della malattia e i dati che ne emergono sono netti: al vertice della classifica di morte, e con grande distacco dalle altre, c’è Siracusa, dove appunto vi era uno dei maggiori stabilimenti dell’azienda Eternit (ancora sotto processo con l’accusa di non aver utilizzato adeguate norme di sicurezza) che impiegava centinaia di persone. Segue nella classifica Palermo dove si punta il dito sui Cantieri Navali dove, come risulta dalle numerose indagini e condanne, i dirigenti pur essendo al corrente dei rischi non utilizzarono adeguato misure di sicurezza.