TORINO – Pubblicato nel sito del DoRS della Regione Piemonte, lo studio Chi lavora da meno tempo ha più infortuni? curato da Massimiliano Giraudo del Servizio di epidemiologia della ASL TO3.
Lo studio prende spunto dalla considerazione che dalla seconda metà degli anni Novanta si è sviluppato in Italia il ricorso al lavoro atipico, a forme di lavoro caratterizzate da contratti flessibili. E ha analizzato la relazione che c’è tra la durata del rapporto di lavoro e il rischio di infortunio sulla base anche di fattori individuali e caratteristiche aziendali.
L’analisi dei dati ha preso in considerazione un campione di lavoratori, nel solo settore privato con esclusione del settore agricolo, che avessero mansioni di operaio o apprendista nell’arco di tempo che va dal 2000 al 2005.
Nello specifico è stato monitorato il primo infortunio accaduto a ogni lavoratore in quest’arco di tempo, la totalità degli infortuni e gli infortuni gravi. È stato poi calcolato l’indice di rischio relativo per durata del contratto, per fattori individuali come l’età del lavoratore e per caratteristiche aziendali
I dati sono stati prelevati dal database WHIP-SALUTE (Work History Italian Panel), costruito grazie ai dati forniti dall’INPS e dall’INAIL, che contiene le storie di circa 2 milioni di lavoratori, come campione rappresentativo dell’intera realtà lavorativa italiana.
Sono state analizzate le posizioni di 754.478 lavoratori. Di questi 105.572 hanno avuto almeno un infortunio e 27.633 almeno un infortunio grave.
Dall’analisi dei dati è emerso che il rischio di primo infortunio tra coloro che hanno contratti con durate inferiori a sei mesi è circa doppio rispetto ai colleghi con durate superiori ai tre anni. Questo dato non è influenzato da caratteristiche aziendali come il settore produttivo o la dimensione dell’azienda. Tra le variabili individuali considerate, quelle più rilevanti sono l’età e la nazionalità
I risultati ottenuti dalla ricerca permettono di fare alcune prime raccomandazioni sia a livello aziendale sia a livello più generale.
Innanzitutto si evidenzia l’importanza di sviluppare sistemi di gestione della sicurezza, che pongano particolare attenzione alla presenza di nuovi lavoratori, soprattutto nel caso in cui si ricorra con frequenza al lavoro temporaneo.
È auspicabile che i datori di lavoro e i responsabili della sicurezza adottino modelli organizzativi che prevedano un affiancamento ai nuovi assunti da parte di colleghi già presenti in azienda nonché l’assegnazione, almeno in un primo periodo, a compiti semplici e poco pericolosi.
È infine importante che l’Italia si doti di adeguati sistemi di monitoraggio delle relazioni tra lavoro precario e salute e l’inserimento di WHIP-SALUTE nel sistema statistico nazionale rappresenta un primo importante passo in questa direzione.
Per approfondire: Chi lavora da meno tempo ha più infortuni?